Questa è la pagina dedicata a Adriano Panatta.
In questa pagina troverai 5 prodotti, tra cui “Il tennis l’ha inventato il diavolo. I colpi impossibili, le pazzie dei campioni e tutti i match in cui il demonio ha messo la coda”.
Niente è impossibile. Berrettini e Sinner: la nuova Età dell’Oro del tennis italiano
Cinquant’anni dopo la prima Età dell’Oro del tennis italiano, quella dei «ragazzi di Formia» vincitori della Coppa Davis, se ne è ufficialmente aperta una seconda, quella di Berrettini e Sinner, che sta prendendo forma sotto i nostri occhi. Oggi come allora, si va ai tornei convinti che un italiano possa vincere. Adriano Panatta «scannerizza», racconta, confronta i due giovani talenti – con tanto di pagelle – e si chiede: «Chi ha mai giocato in Italia un tennis alla Berrettini? Nessuno, che io ricordi. E lo stesso vale per Sinner. Sono figli di un altro tennis. Berrettini mette in campo il glamour di un tennis che levita fra le più seducenti contraddizioni. C’è il brivido di velocità ipersoniche, che riduco – no tutto all’essenziale, e colpi che somigliano a fuochi d’artificio. Game che durano meno di quanto occorra a pronunciare il nome di chi sia alla battuta. E palline che viaggiano come in un toboga. Impazzite. Letali. Sinner è prensile, trasformista, agile nei pensieri e pronto a cambiare direzione quand’è il caso. Uno che sul campo non smette mai di stupire. Ha un rovescio che ammalia per le direzioni che prende, un dritto pesante quando riesce a salirci sopra con tutto il peso, e un ritmo negli scambi che fa venire il mal di testa agli avversari. Matteo e Jannik con i colpi a loro disposizione fanno male a chiunque… Dite che è cambiato il nostro tennis? Eccome se è cambiato.»
Opinioni:
Alessandro Panatta racconta Matteo Berrettini e Jannik Sinner, i due giovani talenti del tennis italiano. – LaFeltrinelli
Il tennis è musica
Tutto comincia nel 1968, l’anno in cui, insieme a tanti importanti cambiamenti, nasce il tennis Open, aperto a dilettanti e professionisti: d’ora in poi ogni gara sarà una sfida fra i giocatori più forti. Adriano Panatta è solo un diciottenne che si fa strada nei tornei juniores, ma a Wimbledon disputa «uno splendido match, perdendo in semifinale contro l’australiano John Alexander», come scrive Gianni Clerici nella cronaca del 5 luglio. E l’anno dopo assiste alla vittoria di Rod Laver, che conquista il primo Grande Slam dell’era Open. Con questi ricordi si apre il racconto di Panatta, una storia lunga cinquant’anni dove si intrecciano le sfide leggendarie, le sconfitte brucianti, i colpi impossibili, i segreti e le bizzarie dei campioni, che sono avversari e amici, i mille aneddoti raccolti dentro e fuori dal campo. Ci sono Connors incitato dalla battagliera madre e Nastase che recita al pubblico le poesie di Vilas, la rivalità fra l’orso Borg e l’antipatico McEnroe e i record delle sorelle Williams, le giocate cristalline di Federer e il furore agonistico di Nadal. Un racconto appassionato e scanzonato, epico e ironico, che fa ritrovare l’atmosfera delle grandi competizioni, rivivere l’emozione del match point, riassaporare il suono inconfondibile di un bel colpo piatto.
Il tennis l’ha inventato il diavolo. I colpi impossibili, le pazzie dei campioni e tutti i match in cui il demonio ha messo la coda
Non è solo una battuta. Il tennis l’ha inventato il diavolo è un concetto maledettamente oggettivo, circostanziato e condiviso da chiunque abbia impugnato una racchetta e colpito una pallina. Di fatto, un sinonimo di quanto sia stressante, logorante e abbrutente il tennis. Perché è l’unico sport che «obbliga a giocare contro cinque avversari: il giudice di sedia, il pubblico, i raccattapalle, il campo e me stesso», diceva Goran Ivanišević. «E l’avversario, quello vero?» gli chiedevano. «Anche, ma lui è il meno», rispondeva il croato.Lo sa bene Serena Williams, battuta da una millennial diciannovenne, o Andy Roddick che divenne amico del suo diavolo preferito, un certo Roger Federer. Poi c’è Năstase che interrompe il match con McEnroe e pretende la sostituzione dell’arbitro per ricominciare, e Fognini che a microfoni aperti si lancia in una filippica sessista contro la giudice di sedia. Divise in nove gironi infernali, le storie più incredibili, curiose e segrete del tennis, raccontate da Panatta nello stile ironico e autoironico che lo contraddistingue, vissute da protagonista o da spettatore diretto, per i tanti appassionati del tennis, per sorprendere e incuriosire anche quelli che credono di sapere quasi tutto.
Opinioni:
Le storie più incredibili, curiose e segrete del tennis, raccontate da Panatta nello stile ironico e autoironico che lo contraddistingue. – LaFeltrinelli
Una squadra
Dal 1976 al 1980 l’Italia è la squadra da battere. Parliamo di tennis e il trofeo per cui si lotta è la Coppa Davis. La squadra è formata da quattro giocatori: Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Tonino Zugarelli. In quei cinque anni raggiungono la finale quattro volte, vincendo solo una volta: nel ’76 contro il Cile. I cinque giocatori si raccontano liberamente a Domenico Procacci e dopo tutti questi anni non hanno più remore nel rivelare i segreti e le divisioni di una Nazionale scanzonata e indisciplinata ma che nonostante tutto, in quegli anni, è stata la squadra più forte del mondo.Intorno a quella finale si crea un vero e proprio caso politico, con enormi polemiche sull’opportunità di andare a giocare con i colori dell’Italia nel Cile del dittatore Pinochet. Le finali raggiunte ma poi perse sono nel ’77 contro l’Australia, nel ’79 contro gli Usa e nell’80 contro la Cecoslovacchia. Nelle prime due edizioni, ’76 e ’77, la squadra ha come capitano non giocatore una leggenda del tennis italiano, Nicola Pietrangeli. A sua volta finalista nel 1960 e 1961, Pietrangeli verrà esonerato dalla sua stessa squadra dopo la sconfitta del ’77 in Australia. Lo considera tuttora un vero tradimento. È lui il quinto protagonista della nostra storia. Una Squadra è la voce dei cinque artefici di una delle vittorie più epiche dello sport nazionale. Dal 1976 al 1980 l’Italia è la squadra da battere. Parliamo di tennis e il trofeo per cui si lotta è la Coppa Davis. La squadra è formata da quattro giocatori: Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Tonino Zugarelli. In quei cinque anni raggiungono la finale quattro volte, vincendo solo una volta: nel ’76 contro il Cile. Intorno a quella finale si crea un vero e proprio caso politico, con enormi polemiche sull’opportunità di andare a giocare con i colori dell’Italia nel Cile del dittatore Pinochet. “Una Squadra” è la voce dei cinque artefici di una delle vittorie più epiche dello sport nazionale.
Chi di spada ferisce. La nuova inchiesta di Adriano Panatta
Dopo aver brillantemente risolto un caso difficile ed essere uscito da una tumultuosa storia d’amore, l’ex commissario Adriano Panatta ha bisogno di rimettersi in sesto. Ma una notizia di cronaca ascoltata alla radio sconvolge i buoni propositi. Un amico d’infanzia, Lorenzo Landolina, sacerdote impegnato nel sociale, è stato arrestato per un crimine mostruoso, imperdonabile nei confronti di un ragazzino. Adriano non può ammettere che l’amico sia colpevole, neanche quando le prove contro di lui si saldano una dopo l’altra. Ma una parte di sé è attraversata dal dubbio. Quanto conosce davvero Lorenzo? Cosa c’è dietro i suoi continui viaggi in Africa, l’impegno nelle periferie, i contatti con le alte gerarchie del Vaticano? E che senso ha l’amicizia, se rimane fissata nel tempo come una foto sbiadita, troppo debole per resistere ai pregiudizi?
Opinioni:
Dopo Una perfetta geometria, torna l’eroe anomalo di Giorgio Serafini Prosperi, in un giallo che indaga i luoghi più oscuri dell’animo umano, dove la colpa diventa violenza, anche verso se stessi, e la paura sfocia nel tradimento. – LaFeltrinelli
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