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Jihadismo globale: Strategie del terrore tra Oriente e Occidente
Com’è sorto lo “Stato islamico” nell’Iraq e nella Siria devastati dalla guerra civile e perché il jihad armato è diventato un attore chiave del panorama internazionale? Qual è la forza di un messaggio che attrae migliaia di foreign fighters? Perché il radicalismo islamista compie atti di inaudita efferatezza? Queste sono alcune delle domande cui il volume intende dare risposta, analizzando profili e strategie delle sigle che hanno scatenato una spirale di violenza capace di infiammare intere regioni del dar al-islam. Con la nascita di al-Qa’ida, e dopo l’11 settembre 2001, le formazioni che innalzano il vessillo del jihad armato hanno raggiunto un raggio d’azione che va dal Pakistan alla Mauritania e, nonostante sconfitte e ripiegamenti, sono riuscite a squassare i precari equilibri del mondo musulmano. Un’analisi precisa e articolata che dimostra con quali strategie il terrorismo jihadista sia stato capace, dopo la morte di Osama bin Laden, di riorganizzarsi e diversificarsi per agire da protagonista nel grande disordine della geopolitica mondiale. Oggi sta sfidando il predominio di potenze regionali come l’Arabia Saudita, l’Iran e la Turchia in uno scontro dagli esiti imprevedibili, e ha portato la sua violenza sanguinaria anche nel cuore dell’Europa.
L’Iraq contemporaneo
Negli ultimi decenni, le immagini delle guerre e degli eccidi che hanno insanguinato l’Iraq hanno invaso i media per poi scivolare lentamente ai margini delle cronache. Quasi che l’incessante ripetizione di stragi e massacri finisse con l’anestetizzare l’opinione pubblica e col diventare la normalità per una terra sconvolta da una serie interminabile di conflitti e rivalità intestine. La realtà, però, è ben più complessa e il volume cerca di restituire un’immagine più veritiera partendo proprio dalla situazione politica e socio-culturale di questa regione prima che fosse cristallizzata nella forma statuale odierna. Al di là dei lasciti coloniali, delle cicatrici di una dittatura fra le più sanguinarie della storia e delle divisioni etno-settarie, gran parte della popolazione irachena cerca ancora oggi ostinatamente una strada per dare al proprio paese un assetto stabile e un governo rappresentativo.
Jihad e terrorismo: Da al-Qaida all’Isis: storia di un nemico che cambia
After Mosul: Re-Inventing Iraq
La terra dei due fiumi allo specchio. Visioni alternative di Iraq dalla tarda epoca ottomana all’avvento dello «Stato islamico»
Spazio liminale e crocevia di popoli e culture differenti, la terra dei due fiumi ha da sempre avuto nella diversità una delle sue principali cifre costitutive. A partire dai primi anni del ventesimo secolo questa complessità di fondo si è tradotta in una serie di progetti di articolazione del potere spesso apertamente divergenti rispetto all’assetto prevalso nel 1921. Pur con forme, intensità e modalità differenti, queste “visioni alternative di Iraq” hanno continuato a esercitare un’influenza profonda nei decenni successivi, non solo nel nord a maggioranza curda, ma anche nelle province centro-meridionali. Oggi, con la liberazione di Mosul dalla presa del sedicente “Stato islamico”, esse sono tornate a giocare un ruolo di primo piano e a influenzare in profondità gli equilibri di un Paese che, ancora una volta, appare in bilico tra promesse di rinascita e rischi di dissoluzione.
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