Questa è la pagina dedicata a Andrea Tarabbia.
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Il continente bianco
Venticinque anni, bello come un Cristo e convinto che l’unica via per sopravvivere nel mondo sia un odio esercitato con calma e raziocinio, Marcello Croce è a capo di un movimento di estrema destra che annovera picchiatori, fanatici, ma anche teorici e figure dai tratti quasi metafisici – tutte accomunate dal fatto che, per loro, vivere è come trovarsi in guerra. Grazie anche alla connivenza con certi rappresentanti politici e alla condiscendenza con cui l’opinione pubblica, ormai, guarda a molti fenomeni legati al neofascismo, Croce porta avanti la sua idea di sovversione e, nel frattempo, frequenta Silvia, una donna della borghesia romana con la quale instaura un gioco di potere che li porterà alla perdizione. La vicenda è ricostruita da un narratore misteriosamente attratto da Marcello e curioso di capire che cosa muova coloro che, oggi, credono in un’idea superata e violenta e la vogliono attuare. Ma c’è di più. La storia di Silvia e della sua caduta era già stata raccontata nello splendido romanzo, rimasto allo stato grezzo, che Goffredo Parise scrisse alla fine degli anni Settanta, “L’odore del sangue”. “Il Continente bianco” ne riprende temi e motivi, e sposta la vicenda ai giorni nostri, conservando nel rapporto morboso tra Silvia e Marcello la metafora potente del fascino che certe idee hanno esercitato, ed esercitano, sulla borghesia italiana. Andrea Tarabbia, autore di “Madrigale senza suono”, scrive un romanzo sul potere, a volte funesto, che abbiamo sugli altri e ci regala un ritratto di un gruppo di persone – e forse di un Paese – che danzano sull’abisso.
Opinioni:
«Fare il male, e pensare a qualcosa che si ama, alla bellezza persino.» – LaFeltrinelli
Madrigale senza suono
Parlare per immagini. Le figure retoriche nella comunicazione quotidiana
Spesso non ce ne accorgiamo, ma quasi ogni cosa che diciamo o che scriviamo, dal messaggio WhatsApp all’email, contiene una figura retorica. Se una sera d’inverno torniamo a casa ed esclamiamo “Sono un pezzo di ghiaccio!” non siamo diventati un pezzo di ghiaccio, nemmeno dei bugiardi, ma abbiamo usato una metafora. Le figure retoriche sono strumenti potenti e se impariamo a usarle bene possono diventare nostre alleate. Ci aiutano a esprimere meglio quello che vogliamo comunicare, danno forza ai nostri discorsi e creano immagini che sorprendono chi ci ascolta. “Parlare per immagini” presenta 50 figure retoriche, da quelle che lavorano sul senso delle parole e lo usano in modi a volte imprevedibili, come l’iperbole e la perifrasi, a quelle che giocano con le lettere, le fanno confliggere o mimano il mondo attraverso i suoni, come le onomatopee e le allitterazioni.
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