Questa è la pagina dedicata a Carlo Bordini.
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I costruttori di vulcani. Tutte le poesie 1975-2010
La scrittura di Bordini è sottilmente feroce e declina con ironica, svagata cautela la paranoia. In essa si riconoscono i dintorni dell’eccesso di pensiero e il portato della solitudine psichica. Poeta narrativo dal passo stilistico crudo e micidiale, gli viene riconosciuta la forza di un “razionalismo onirico” (Paolo Febbraro) e di un “dormiveglia vigile” (Filippo La Porta). I costruttori di vulcani accoglie tutti i libri in versi pubblicati da Bordini, ma con interventi che hanno apportato cambiamenti ai testi. L’autore ha anche montato le raccolte originarie senza conservarne la cronologia d’uscita, nel tentativo di creare una struttura musicale. Questo volume è dunque un libro nuovo, pur essendo costituito dalle poesie scritte da Bordini in oltre trent’anni.
Difesa berlinese
La difesa berlinese è un’antica apertura degli scacchi, elaborata nell’Ottocento e oggi ancora in auge, in cui il nero si difende attaccando il centro. Questa difesa permette di raggiungere, fin dall’inizio, una posizione di sostanziale parità col bianco. Pare una metafora di chi è costretto a lottare contro un avversario più forte, e sa di non poter vincere. È una forma di resistenza per vivere senza soccombere. I personaggi di questa raccolta sanno di non poter vincere, ma cercano di resistere. La loro può essere anche una lotta contro se stessi.
Un vuoto d’aria
Poeta appartato e ribelle per vocazione, Carlo Bordini è stato comunque per molti, fino alle generazioni più giovani, un autore di culto, una figura autonoma di riferimento. Composto negli ultimi anni di vita, Un vuoto d’aria, che esce postumo a cura di Francesca Santucci, conserva i tratti più rilevanti della sua fisionomia poetica, in primo luogo l’intensità materica e una potente energia espressiva. L’alternarsi di versi e prosa poetica genera una forte efficacia comunicativa, pur con volute sconnessioni interne, che va ben oltre i termini di una letterarietà di tradizione e di maniera, del tutto estranea al senso della ricerca di Bordini. Una ricerca sempre volta, per citare un suo intervento, a quella che definiva iperverità, nella convinzione che «l’arte, ogni forma d’arte, giunge, quando funziona, a una verità più profonda di quella che una persona conosce o crede di conoscere nella sua vita» Ci troviamo di fronte a un autore che varia le scelte tematiche e formali, e che reinterpreta la stessa poesia d’amore o autobiografica secondo termini del tutto personali. Un autore ben attento all’esempio di Pasolini, capace di ironia e di aperture trasgressive e coinvolto come pochi altri nella stagione dell’impegno, attraversata prima con adesione ideologica e poi con distacco. Ma nella cui poesia troviamo anche legami con grandi esempi storici, come quelli di Apollinaire e Gozzano. Bordini è stato un poeta per il quale risulta decisivo il rapporto tra scrittura e psicoanalisi, poiché nei suoi versi «la psicoanalisi è ovunque», come scrive Guido Mazzoni nel saggio introduttivo, «non è solo un contenuto: è una forma, è una macchina semiotica» E questo nell’ininterrotta indagine sul vissuto che ha alimentato i suoi testi, ai quali possiamo oggi tornare con il pieno interesse dovuto a una riscoperta ormai necessaria.
Strategia
«Quando qualcuno parla, fa più chiaro», scrive la psicoanalista austriaca Hermine Hug-Hellmuth nel Diario di una giovinetta prefato da Sigmund Freud. Un libro «scritto per dire delle cose a una persona», dunque «per non impazzire» – come dichiara Bordini nella sua prefazione – fa rinsavire chi lo legge, perché punta un faro da ring sulla sua vita, non soltanto amorosa, ma di relazione. La tenace Strategia di Bordini è mettere in scena la confusione che segue all’apparir del vero, che presenta sé stesso in parvenza d’«amore», ma riverbera la sua ombraluce fino allo stato inerme dell’infanzia. Strategia è infatti scritto senza risparmio e non risparmia neanche l’autoavverarsi della profezia di morte (simbolica) all’avversario amoroso che, in questo caso, coincide col primo lettore. E pure noi, lettori postumi all’amore qui dato, riceviamo diretti in pieno viso, se mai una volta siamo stati investiti dallo spavento che chiamiamo «amore» Bordini prova a emanciparsi dall’ossessione trasferendo in contesto agonistico la «donna de lo schermo» dantesca, che ora diventa una «sparring-partner» ma poco dopo, nient’affatto salvo, scrive il nome dei nomi, mamma, con la voce che quasi gli fallisce per i singhiozzi, spostato nel tempo senza tempo della psiche Il seme del piangere di Giorgio Caproni – che, a sua volta, lavorava un seme dantesco. Con Bordini, che invoca la madre passando attraverso la perdita della donna amata, torniamo dunque due volte al padre della nostra poesia: una per via diretta (la «donna de lo schermo») e una per via indiretta (il piangere caproniano) ma, soprattutto, attraversiamo il confine tra così detta realtà e scienza interiore, tra follia e ragione, dunque tra vita e morte, conosciamo per negazione come in Montale («so chi non amo») e ritorniamo a noi come rinati, come sciacquati da una colonna d’acqua, per metà pianto e per metà futuro. Maria Grazia Calandrone
Gestures (English Edition)
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