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Rifugi e ritorni. Storie del mio lungo viaggio tra rifugiati, filantropi e assassini
Filippo Grandi, oggi Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, nel 1984, dopo la laurea e il servizio civile, decide di partire volontario per assistere i profughi cambogiani sospinti nella Thailandia nordorientale da anni di guerra. L’esperienza è così straordinaria e coinvolgente da trasformarsi in una scelta di vita, le cui tappe fondamentali, scandite dall’impegno in diverse agenzie di cooperazione internazionale, sono ripercorse in pagine vivide, intense, spesso toccanti. Dai curdi iracheni in fuga nei paesi vicini a causa dei massacri perpetrati dal regime di Saddam Hussein ai profughi ruandesi dispersi a migliaia nelle foreste dell’Africa centrale, dagli afghani di ritorno da Iran e Pakistan dopo la caduta dei taliban ai rifugiati palestinesi in territorio siriano, Grandi descrive paesaggi, talvolta di incantevole bellezza, devastati dall’orrore della fame e della guerra. E racconta le difficoltà, le paure e le insidie, ma anche le piccole e grandi gioie che costellano il rapporto quotidiano con persone bisognose e terrorizzate, con vittime e carnefici, filantropi e assassini, in un inestricabile intreccio di miseria e ricchezza, cinismo ed empatia, odio e solidarietà. Di fronte agli oltre 80 milioni di profughi sparsi in tutto il mondo, l’imperativo dell’UNHCR e delle altre organizzazioni umanitarie, ci dice Grandi, è sempre quello – eticamente irrinunciabile – di «esserci», in qualsiasi condizione, con qualsiasi prospettiva, a qualsiasi prezzo.
Filippo
“Benché scelleratissimo, pure è un uomo”: ma l’umanità che Alfieri riconosce al suo personaggio – il re tiranno Filippo lI di Spagna – non illumina le sue azioni, non permea i suoi gesti. La sua umanità solo consiste nella consapevolezza, o almeno nel dubbio, che la repressione di ogni sentimento, l’abitudine al sospetto, la solitudine che fatalmente lo circonda e la stessa “orrida” vendetta che ottiene sul figlio e sulla moglie siano, oltre e più che un modo di appagare la sua brama assoluta e il suo cieco orgoglio, anche il suo costante, ineliminabile tormento, la ragione della sua infelicità, l’avvoltoio che rode il fegato di questo moderno Prometeo.
I Grandi Iconoclasti: Scritti postumi
San Filippo Neri. Breve storia di una grande vita
“Così è: Filippo Neri” scrisse di propria mano padre Filippo in calce ad una lettera dettata a un segretario. Se si tolgono i “due punti” tra la dichiarazione e la firma, queste parole possono diventare la più sintetica e adeguata presentazione della breve storia di una grande vita che padre Antonio Cistellini ha affidato a poche svelte pagine per tracciare il profilo del Fondatore dell’Oratorio, oggetto di studio, per decenni, e di amorosa ricerca. Così è Filippo Neri, il “profeta della gioia cristiana”, l’uomo che per trentasei anni abbracciò come laico la sua consacrazione battesimale e la visse, per i rimanenti quarantaquattro, in un fervido ministero sacerdotale. Con una caratteristica che, al di sopra di ogni altra, accomuna i due periodi: un amore immoderato per Cristo, per dirla con il conterraneo Giovanni Papini.
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