Questa è la pagina dedicata a Gaia Manzini.
In questa pagina troverai 5 prodotti, tra cui “Diario di una mamma in pappa”.
A Milano con Luciano Bianciardi. Alla scoperta della città romantica
A Luciano Bianciardi sempre stette a cuore la vita dei minatori. Quando nel 1954 esplose la miniera della Montecatini, quarantatré persone morirono, in quarantatré dal sottosuolo riemersero senza vita, quarantatré compaesani a cui Bianciardi si sentiva legato visceralmente. A ricostruirne la vita, si ha l’impressione che lo scrittore fosse andato da Grosseto a Milano solo per vendicare quei morti. Il viaggio di Gaia Manzini sui passi di Bianciardi inizia da questo sentimento di rivalsa, e quindi dalla ricerca del torracchione, che sempre assillò lo scrittore. Secondo lui, la verticalità del capoluogo lombardo rappresentava il potere: su sta chi comanda, giù chi muore; su chi è responsabile, giù chi paga. Luciano Bianciardi è nato ossimoro: un nome luminoso per un dinamitardo, sempre in protesta. Contro il lavoro impiegatizio, la vacuità, e pure contro Milano. La città detestata ma mai abbandonata: come molti altri all’epoca, anche Bianciardi si muoveva per Milano come fosse casa sua, le vie come corridoi, le piazze come camere. Tutti con la smania di diventare artisti, scrittori, giornalisti, fotoreporter, tutti a darsi una mano perché qualcuno riuscisse: minatori che s’immergevano in una vita inesplorata, ignorando come ne sarebbero emersi. Gaia Manzini interroga la vita di Bianciardi per cercare un senso al proprio itinerario milanese, per cercare un maestro. L’autrice dialoga anche con Milano e traccia la storia di un’epoca, dell’impresa Feltrinelli, della Scapigliatura di Brera, di Jannacci, di Cochi e Renato, in una passeggiata che comincia dai torracchioni e finisce al Bosco Verticale. Perché, in queste pagine, chiarissimo emerge il cambiamento continuo di una città frenetica, ma anche la sua immutata tendenza a puntare in alto e a non guardare cosa, chi, resta in basso.
Nudo di famiglia
Ada ha novantasette anni, è sul letto di morte, e non ha alcuna speranza di tornare a camminare. Eppure ha un segreto. Quando nessuno più la pensa, nonostante sia ferma e immobile, inchiodata al letto di mogano, lei va a nuotare. Con questo racconto inizia “Nudo di famiglia” di Gaia Manzini, il primo libro di questa scrittrice vinta da un’ossessione potente: quella di raccontare la famiglia italiana senza tralasciare il particolare. Lo sguardo è puro e lontano dalle mode, la scrittura ha stile, il dettaglio distingue il destino dei personaggi di queste storie, distingue un nucleo familiare da un altro. Un cosmo da un altro cosmo. La follia dal normale corso delle cose. Tradizioni, riti, regole, soprusi, la famiglia è terra di leggi precostituite e di leggi sovvertite, ma anche luogo di tutte le contraddizioni e il detonatore di ogni deficienza. L’immagine di una famiglia impeccabile si crea solo pagando lo scotto lacerante della più profonda indifferenza. L’unione di una coppia può essere determinata da un estraneo, che osserva attento come un entomologo. L’incesto può essere una prima volta felice e cercata. La morte può giungere come una nuotata rinfrancante, un istinto di libertà che i doveri hanno insabbiato da sempre, ma non per sempre. Il capriccio di un genitore può essere più efficace di un rimprovero. L’autorità di una figura paterna può essere messa in continua discussione dall’assenza di pudore.
Ultima la luce
Nessuna parola dice di noi
Dio, il lavoro, l’amore, la fedeltà, la famiglia, i figli o la possibilità di averne. Tutto andava in pezzi sul bordo tagliente delle parole. Per Ada, giovane copywriter, le parole sono un gioco: le armi con cui l’intelligenza sfida le leggi della responsabilità. Le parole che la raccontano, però, Ada sa avvolgerle nel silenzio. Per sua madre le parole servono a levigare le anomalie della vita: come il fatto che da sempre, nella casa sul lago, è lei a prendersi cura di Claudia, la bambina che Ada ha avuto quando era troppo giovane. Per Alessio invece più delle parole contano i gesti e le immagini. Lui e Ada sono una coppia creativa d’eccezione; l’uno completa l’altra in un’intesa felice destinata a portarli lontano, fino in America. Mettere molti chilometri tra sé e Claudia è, pensa Ada, il modo migliore per riconquistare il diritto alla giovinezza, quello che quando nasce un figlio perdiamo per sempre. E poi insieme ad Alessio lei andrebbe in capo al mondo, perché il suo sguardo la fa sentire nuova; la riconsegna a sé stessa, nonostante non ci sia una parola per descrivere l’emozione che li unisce. Nonostante Ada non gli abbia parlato di Claudia. Nonostante lui sia omosessuale. La limpida scrittura di queste pagine mette a fuoco i perimetri dentro ai quali finiamo per costringere le nostre vite. E sfida le parole, il loro bordo tagliente ma anche la loro illuminante semplicità. Gaia Manzini racconta due grandi amori difficili – tra una madre e una figlia, tra due amici sulla soglia del desiderio – e il cammino avventuroso di chi deve nascere due volte per conoscere sé stesso. Proposto da Maria Ida Gaeta al Premio Strega 2022 con la seguente motivazione:
Opinioni:
Libro candidato da Maria Ida Gaeta al Premio Strega 2022 – LaFeltrinelli
Gaia Manzini racconta due grandi amori difficili – tra una madre e una figlia, tra due amici sulla soglia del desiderio – e il cammino avventuroso di chi deve nascere due volte per conoscere sé stesso. – LaFeltrinelli
Un romanzo intenso e profondo – Marzia Fontana, la Lettura
“Nessuna parola dice di noi” è un romanzo di formazione contemporaneo, nel quale si mescolano amore, maternità, omosessualità, perdono, coraggio, che ci pone un interrogativo spesso celato al centro delle nostre vite. – Aurora Tosi per Maremosso
Invio con piacere e grande convinzione la proposta di candidatura per il Premio Strega 2022 del romanzo Nessuna parola dice di noi di Gaia Manzini. È un romanzo che ho letto diversi mesi fa ma mi è rimasto nel cuore e che, tra le mie letture dell’anno, si è ritagliato uno spazio importante. Ho amato la qualità della scrittura, la costruzione della trama e dei personaggi e, soprattutto, la coraggiosa determinazione dell’autrice nel voler scavare in profondità temi grandi, come io mi aspetto che faccia la letteratura. È un romanzo che svela e analizza la condizione femminile contemporanea attraverso il racconto della vita di una giovane donna e delle sue unioni imperfette con la figlia, con la madre, con il lavoro, con l’uomo di cui si innamora. Ed è proprio raccontando queste imperfezioni, il faticoso percorso per conquistare una maternità consapevole e il complesso incontro con l’amore, che si delinea pian piano nel testo un ritratto di donna credibile, con il suo insieme di fragilità e tenacia e con il suo conflitto tra desideri e doveri. La lingua che si fa strumento di questo racconto ha uno stile peculiare e raro. L’autrice appare sempre consapevole della relazione tra il linguaggio e le forme di vita che vuole narrare. La stessa giovane protagonista del romanzo, Ada, che di mestiere è, emblematicamente, copywriter ha un rapporto complesso con le parole, che sa gestire con disinvoltura e talento nel loro uso pubblico, quando deve comunicare dei prodotti, ma che diventano lo specchio delle sue difficoltà e dei suoi sbandamenti nel loro uso privato, quando vuole mettere a fuoco il rapporto con sé stessa e con gli altri. Sarà l’autrice a trovare per lei e per la sua storia le parole giuste, le parole per descrivere i sentimenti, le ansie, le scoperte di una giovane donna in continua evoluzione. Gaia Manzini, che abbiamo già amato e letto nei suoi precedenti libri, con questo romanzo supera una nuova sfida e aggiunge una pietra preziosa al suo percorso di scrittrice. Io credo che meriti pienamente la nostra lettura e la nostra attenzione. – Anonimo
Diario di una mamma in pappa
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