Questa è la pagina dedicata a Giuseppe Antonio Borgese.
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Golia. Marcia del fascismo
Rubè
Giovane siciliano laureato in legge, Filippo Rubè va a Roma per iniziare la pratica dell’avvocatura e darsi alla politica. Acceso interventista, allo scoppiare del primo conflitto mondiale decide di arruolarsi. Terrorizzato dall’idea di avere paura, disperatamente alla ricerca di eroica consacrazione, si getta nella mischia, riportandone ferite e gloria. Ma ciò non basterà a placare le sue confuse e mai sopite ambizioni. Altrettanto inquieta e incerta è anche la sua vita sentimentale, divisa fra l’aristocratica Mary, la giovane Eugenia e la bellissima Celestina. La sua esistenza procede così fra insicurezze economiche e fallimenti sentimentali, passioni politiche smodate e frustrazioni professionali, fino a un tragico epilogo segnato dalla follia. Ritratto di un uomo mancato che non riesce a realizzare né a soffocare le proprie aspirazioni, rimanendo in questo modo vittima della propria inettitudine, Rubè è l’emblema di quella crisi di valori generazionale, sullo sfondo di una crisi politica nazionale che accomuna i protagonisti della letteratura italiana degli anni Venti.
Fondamenti della Repubblica mondiale
Nel 1931 Giuseppe Antonio Borgese si trasferisce negli Stati Uniti per un ciclo di lezioni all’Università di Berkeley. È lo stesso anno in cui il fascismo impone il giuramento ai professori universitari, così quel soggiorno che doveva essere temporaneo si trasforma in un lungo esilio volontario, lontano dalle pressioni del regime. Nei diciassette anni trascorsi oltreoceano, Borgese frequenta letterati e scienziati di ogni provenienza, si dedica a un’intensa militanza antifascista e, all’indomani dell’attacco nucleare su Hiroshima, promuove il Comitato per la redazione di una Costituzione mondiale. Da quella esperienza nasce Fondamenti della Repubblica mondiale – pubblicato postumo in inglese nel 1953 e ora per la prima volta tradotto in italiano – in cui Borgese espone la sua profonda fiducia nella democrazia. Un manifesto programmatico che è anche una riflessione sulla natura dell’uomo, sulla politica, la storia, la filosofia e la giustizia, un libro dimenticato ma capace di anticipare con intuito profetico i pericoli, oggi quanto mai attuali, della tecnologia incontrollata e della deriva violenta degli stati. La sensibilità dei suoi studi letterari, l’esperienza delle due guerre, la presa di coscienza degli orrori dei totalitarismi, lo convincono dell’inutilità dei conflitti, e che soltanto un governo mondiale democratico, dotato di poteri reali, possa affermare la pace e la giustizia tra le nazioni. Prefazione di Sabino Cassese.
I vivi e i morti
“I vivi e i morti” è un classico della letteratura italiana del Novecento. Edito per la prima volta da Mondadori nel 1923 – pochi anni dopo il celebre “Rubi” – racconta la vicenda biografica di Eliseo Gaddi, intellettuale non più giovanissimo che, a seguito della prematura scomparsa del fratello maggiore di cui si sente responsabile, sceglie consapevolmente di rifugiarsi nella campagna padana e di vivere con l’anziana madre. Il ritiro dal mondo, il rifiuto delle convenzioni sociali, della guerra e della barbarie del presente, la rinuncia all’amore e alle amicizie, l’aspirazione alla conquista di una rinnovata spiritualità: il romanzo di Borgese è un viaggio proteso verso il sogno di una solitudine perfetta. Apre il libro l’introduzione critica di Gandolfo Librizzi.
I Balcani 1917-1919. La missione in Albania e la questione jugoslava con scritti e fotografie inedite
Giuseppe Antonio Borgese durante gli anni della prima guerra mondiale mette a punto un nuovo aspetto della sua poliedrica identità intellettuale, quello di “statista” – secondo una definizione di un ministro dell’epoca – animato da passione politica. Siciliano nativo delle Madonie, affermatosi come critico letterario, giornalista e docente di letteratura tedesca, nel 1917 svolge una serie di incarichi per conto del ministro Vittorio Emanuele Orlando. Inviato in Francia, in Albania e Macedonia e infine in Svizzera, dove incontra i fuoriusciti jugoslavi, documenta le proprie missioni con relazioni, fotografie e lettere. Attraverso la pubblicazione di tali documenti questo volume ricostruisce le tappe della riflessione di Borgese fino al Congresso delle nazioni oppresse dall’Austria-Ungheria, il cosiddetto “Patto di Roma”.
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