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Diventare Mourinho. Lui ha cambiato la Roma. Roma ha cambiato lui
Dopo l’esperienza negativa sulla panchina del Tottenham, agli occhi dell’opinione pubblica José Mourinho era diventato decisamente meno Special, e non erano in pochi a considerarlo «bollito», sul viale del tramonto, la controfigura dell’alieno che negli anni precedenti aveva conquistato titoli in tutte le competizioni nazionali ed europee. Eppure, quando le voci sul suo arrivo a Roma hanno iniziato a diffondersi, il popolo romanista ha reagito con un misto di entusiasmo e incredulità. Non sono mancati gli scettici, certo, ma nessuno poteva rimanere indifferente di fronte a una notizia del genere. Ivan Zazzaroni, mourinhano della prima ora, ha seguito l’avventura romanista del tecnico portoghese dagli albori, raccontando sulle pagine del Corriere dello Sport-Stadio gli alti e i bassi di una stagione che ha riportato un trofeo europeo nelle bacheche di Trigoria dopo un digiuno durato più di sessant’anni. Ma, soprattutto, ha compreso che nella carriera di Mou c’è uno spartiacque. Una cesura che si chiama Roma. Nella capitale Mourinho è cambiato, è diventato più razionale, meno istintivo, senza per questo tradire il carisma e il fascino che da sempre ammantano la sua figura. Quello romano e romanista è un Mourinho mai visto prima, un uomo che «ha raggiunto un equilibrio quasi perfetto» e ha scoperto «un mondo nuovo quanto antico»
Opinioni:
E così, meditando sugli articoli da lui scritti e sull’euforia che ha invaso la città dopo l’arrivo dello Special, Zazzaroni ci consegna un ritratto inedito del grande allenatore, un «diarioromanzo» nel quale risuona l’invito «ai romanisti di sicura fede a continuare a giocare con il loro allenatore» – LaFeltrinelli
Pantani. Un eroe tragico
Vai, Pantani!.
Milan. Dolce & Gabbana. Ediz. italiana e inglese
“Il punto d’incontro non è la Sicilia, non può essere il nero di Bufalino né il rosso di Verga. Perché non c’è Sicilia nel Milan. A unire – meglio: a fondere – il simbolo del calcio moderno con Dolce & Gabbana è la spontaneità della passione, è la forza dissacratoria e spiazzante del poeta che – come Dolce & Gabbana, come il Milan – ha saputo rompere gli schemi cavalcando l’eresia, cambiando l’ordine delle cose, smontando e reinventando il classico e il moderno, il sacro e il profano, il 1950 e il 1970, il 1899 e il 2006. Il punto d’incontro è Pier Paolo Pasolini. Mentre sfogliate queste pagine incontrando Shevchenko e Seedorf, Maldini e Gattuso, Stam e Ambrosini, Pirlo e Cafu, Gilardino e Costacurta, Kaladze e Serginho, Dida e Jankulovski, Fiori e Ancelotti, insomma il Milan di Dolce & Gabbana, provate a leggere qualche passaggio di Ragazzi di vita e Caos. La sensazione è strana: il corpo è lo stesso. ‘Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci, il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro’.” (Ivan Zazzaroni)
TRE AMICI, UN PALLONE
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