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Karìbu. Lo Zambia, una donna, una grande avventura
La vita straordinaria e il lavoro di Cristina Fazzi, mamma, medico, donna fuori dal comune, sospinta da una forza incredibile. Lasciata Enna nel 2000 per trasferirsi momentaneamente nello Zambia, Cristina sarebbe dovuta rientrare in Italia dopo sei mesi, invece non è più tornata e da allora ha realizzato progetti impensabili in un’area vastissima del Paese, portando medicinali, vaccinando e visitando decine di migliaia di bambini; realizzando pozzi e strutture sanitarie; lottando contro la malnutrizione; scontrandosi con pregiudizi e superstizioni per combattere l’ignoranza e malattie come l’Aids. È la storia, la sua, di una battaglia senza sosta contro miseria e ingiustizia e per l’affermazione di un nuovo modello di sviluppo che ripensi totalmente i rapporti di forza internazionali. Ma anche la vicenda di una donna che da single si è battuta e ha vinto perché l’Italia riconoscesse l’adozione zambiana di suo figlio Joseph. E di figli, in affido perché non adottabili, oggi ne ha altri sette. “Non avrei mai immaginato di partire per lo Zambia. Non ho mai avuto lo spirito missionario. Non nel senso comune del termine. O meglio, consideravo il mio lavoro una missione perché l’ammalato, colui che soffre, ha bisogno di aiuto ovunque si trovi. Sono una gran fifona e l’idea di dover andare in un Paese descritto come pieno di pericoli non mi sfiorava nemmeno, non mi era mai balenata neanche nell’anticamera del cervello. A volte, però, il caso cambia il nostro percorso, il nostro destino. E così è stato”. “In tutti questi anni sono venuti a trovarmi tanti amici. Vogliono capire, toccare con mano ciò che faccio, e vogliono anche dare un aiuto, per ciò che sanno e per ciò che possono. È una cosa che rafforza il filo rosso che lega il mio lavoro qui alla percezione che ne ha chi vive lontano da qui. Ma è anche e soprattutto un conforto. Mi aiuta a credere che non sono considerata una pazza visionaria rinchiusa in una bolla ma un frammento di un puzzle animato molto più grande”.
Lampedusa. Gateway to Europe: Pietro Bartolo and Lidia Tilotta
The essential testimony of an Italian doctor who has worked for twenty-five years on the front line of perhaps the largest mass migration in human history. “Bartolo tells us about rescuing everyone he can, burying those he cannot, and saving their stories as if they were his own. This is a personal, urgent and universal book” GLORIA STEINEM “An urgent, wrenching dispatch from the frontline of the defining crisis of our times . . . Bartolo is at once the saviour and the coroner to boatload after boatload of migrants who risk everything to cross the deadly seas. It is also a damning indictment of the broader, collective indifference of humankind to both the drowned and the saved” PHILIP GOUREVITCH “Dr Pietro Bartolo has seen more suffering and death in his career than any one man should have to witness” Amnesty International “Through Bartolo we understand that it is impossible to do nothing in the face of such great human need” Vanity Fair It is common to think of the refugee crisis as a recent phenomenon, but Dr Pietro Bartolo, who runs the clinic on the Italian island of Lampedusa, has been caring for its victims – both the living and the dead – for a quarter of a century. Situated some 200 km off Italy’s Southern coast, Lampedusa has hit the world headlines in recent years as the first port of call for hundreds of thousands of African and Middle Eastern migrants hoping to make a new life in Europe. The shipwrecks began in 1992. Before the Arab Spring, they came from Africa, but now they come from across the Arab world as well. And the death toll is staggering. On Christmas Eve, 1996, 286 bodies were recovered; on the night of October 3, 2013, 366 out of 500 migrants died after a shipwreck nearby. For the past twenty-five years, Doctor Bartolo has been rescuing, welcoming, helping, and providing medical assistance to those who survived. But, above all, he has been listening to them. Tales of pain and hope, stories of those who didn’t make it, who died at sea, their bodies washed up on shore; stories of those who lost their loved ones, of babies that never had a chance to be born. SHORTLISTED FOR THE ITALIAN PROSE TRANSLATION AWARD (IPTA) Translated from the Italian by Chenxin Jiang
Lacrime di sale: La mia storia quotidiana di medico di Lampedusa fra dolore e speranza
An das Leid gewöhnt man sich nie: Salztränen. Mein Leben als Arzt auf Lampedusa: 4800
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