Questa è la pagina dedicata a Teo Teocoli.
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El Piede de Dios
Se nasci a Talavera de la Reina, a sette anni sei alto un metro e settanta e le scarpe te le confeziona un maniscalco, avere come passione il calcio può sembrare una scelta infelice. Ma è la scelta di Brigitte Lampion (sì, i genitori volevano una femmina), un gigante buono, generoso e un po’ rompiballe soprattutto a causa dell’abitudine impopolare di intonare canzoni arabe della durata media di centosette minuti. Dalla Spagna alla periferia di Parigi – dove la madre si trasferisce in cerca di un futuro migliore – e da lì all’Italia – dove lo guida l’entusiasta ma poco efficiente procuratore Braciola, grande dimenticatore di valigie sui binari – Lampion insegue il sogno di conquistare gli stadi del mondo indossando i colori di una squadra famosa. La sua avventura conosce alti e bassi: l’amore per una ballerina del Moulin Rouge che gli fa quasi mettere la testa a posto, una stagione di follie nei locali del cabaret milanese, un esordio nella Primavera dell’Inter ma a quarant’anni, il successo grazie al suo celebre tiro rasoterra. E quando arriva alla partita d’addio, di anni Lampion ne ha settanta. Un fenomeno in tutti i sensi, la cui storia Teo Teocoli ci racconta in una narrazione capace di stupire, di azione in azione, fino all’ultimo gol.
Io ballo da solo
Se la storia è quella di Teocoli di sicuro c’è da divertirsi. Se è Teo che la racconta, allora un’autobiografia diventa come un grande spettacolo di varietà, fatto di aneddoti, gag, battute e sketch. Nato a Taranto nel 1945, arriva a Milano nel dopoguerra e vede la città con lo sguardo di un bambino giunto da Reggio Calabria. Ma quel bambino è Teo e allora parte una raffica di storie esilaranti, che però fanno una storia d’Italia. Dal dopoguerra e l’emigrazione, con l’adorata nonna calabrese e le sue cipolle, al boom dei Sessanta, con la stagione dei playboy, il set è Saint-Tropez con feste da mille e una notte assieme a Brigitte Bar-dot e Jane Fonda. Teo è capace di andare a cena a Gstaad con Grace Kelly e con Gianni Agnelli, poi tornare a casa, da sua madre, nelle case popolari di Niguarda, in piena notte, e farsi preparare gli spaghetti, in un tegame tutto ammaccato. Qui Nino Ferrer lo passa a prendere con una Bentley dagli interni leopardati e lo porta a Parigi. Il ’68. E altre estati. La Costa Brava, a casa di Salvador Dali, con Teo insidiato da Gala, la moglie prima di Eluard e poi di Dali, musa del Surrealismo, che aveva quasi novant’anni. E ancora la stagione del cabaret del Derby, con Gaber, Jan-nacci, Andreasi, Cochi e Renato, e Boldi, in una sorprendente Milano nera le cui notti, nelle osterie, al Derby o al Santa Tecla, sono dominate dalle bande di Turatello e di Vallanzasca e da parecchie scazzottate. Fino alla stagione dei grandi successi televisivi e teatrali.
Che libidine, è pieno! Il mio calcio rossonero
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