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Tutto bruciato, tutto devastato
Chiunque abbia mai fatto un’incursione nel territorio letterario della mascolinità distruttiva e autodistruttiva – Hemingway, Carver, Faulkner, Roth, Cheever, Yates, Bolano – riconoscerà immediatamente il contesto e i personaggi dei racconti di Wells Tower: le partite di caccia, le scazzottate, le bevute sconsiderate, l’adulterio. L’autore, come tutti i suoi grandi antenati, è un conoscitore della violenza, e la sua prima raccolta di racconti uno stupefacente concentrato di crudeltà, coercizione, umiliazione e rapacità. Tower, però, appartiene alla generazione dei maschi capaci di tenere a bada con il senso dell’umorismo quello che rimane di un malinteso senso della virilità. Infatti il libro comincia con un uomo che si sveglia disturbato da una briciola di cracker nella fessura tra le chiappe e finisce con un altro uomo che si sveglia tormentato da una sensazione di tragedia imminente: la violenza che ha esercitato durante il racconto potrebbe colpire anche sua moglie, i suoi figli, i suoi amici… Sono entrambi uomini normali per i loro tempi: solo che il primo è un falegname dei giorni nostri, abbandonato dalla moglie e tradito dallo zio, e il secondo un guerriero vichingo di ritorno da una scorribanda sulle coste della Scozia.
A Tower in the Well
Well of Towers
Ruiny i zgliszcza
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