Questa è la pagina dedicata a estetiste.
In questa pagina troverai 5 prodotti, tra cui “Teoria estetica”.
Il primo libro di estetica
Questo volume offre una prima introduzione all’estetica, nella sua duplice natura di riflessione intorno alla dimensione della sensibilità e di teoria filosofica delle arti. Rivolte a un pubblico di lettori non specialisti, le venti parole-chiave che lo strutturano prendono le mosse da una situazione particolare, per poi aprirsi in direzione di problemi piú universali. Una volta messa in moto la catena delle domande, ogni voce guarda ai principali modelli teorici che sono stati elaborati per rispondervi e al loro sviluppo storico-concettuale. Senza dimenticare che questa disciplina è, fin dal suo battesimo settecentesco, un territorio di confine, che ha sempre cercato di dialogare con i suoi vicini di casa: la storia delle arti e delle tecniche, la psicologia, l’antropologia, la sociologia, la semiotica, la teoria dei media, le scienze cognitive, le neuroscienze. Che cosa significa «sentire»? Come ci rapportiamo al mondo attraverso il nostro corpo? Perché non ci accontentiamo delle misurazioni quantitative, ma siamo spinti a valutare le nostre relazioni alle cose nelle loro qualità, chiamandole belle, brutte, sublimi, kitsch? Che cosa facciamo quando immaginiamo, giochiamo, fingiamo? Quando estendiamo il nostro fare e trasformiamo il nostro sentire grazie alle protesi tecniche e ai media, o quando ci esprimiamo artisticamente? Che cosa hanno di speciale quelle cose che definiamo opere d’arte? Davvero si possono distinguere dai fenomeni naturali, dagli oggetti ordinari, dagli strumenti? Sono solo alcune delle domande caratteristiche di quel campo della nostra esperienza, specifico e insieme diffuso, che chiamiamo «estetica»
Opinioni:
Come ci rapportiamo al mondo attraverso il nostro corpo? Perché non ci accontentiamo delle misurazioni quantitative, ma siamo spinti a valutare le nostre relazioni alle cose nelle loro qualità, chiamandole belle, brutte, sublimi, kitsch? Che cosa facciamo quando immaginiamo, giochiamo, fingiamo? Che cosa hanno di speciale quelle cose che definiamo opere d’arte? – LaFeltrinelli
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Storia dell’estetica occidentale
Questa storia dell’estetica occidentale, la più completa disponibile in lingua italiana, dal solido impianto storico-critico e ricca di informazioni, è destinata agli studenti delle università e delle accademie, agli insegnanti e a un pubblico colto in genere. Si presenta ora in una versione radicalmente rinnovata, alla quale hanno collaborato giovani e affermati studiosi come Andrea Mecacci e Mariagrazia Portera. Il primo con nuove significative voci novecentesche della riflessione estetica (da Michelstaedter a Gramsci, da Ortega y Gasset a María Zambrano, da Dorfles a Bense) e con filoni del dibattito contemporaneo, come la Everyday Aesthetics. La seconda con voci significative dell’estetica moderna (da Hogarth ad Alison per il Settecento; da Marx ed Engels a Emerson e Thoreau per l’Ottocento) e contemporanea (con un articolato aggiornamento sulle nuove frontiere della ricerca estetica nell’ambito delle neuroscienze, delle scienze cognitive e della psicobiologia).
Estetica
Le vicende degli ultimi due secoli, mostrano come l’arte o il bello non siano tanto l’oggetto dell’estetica quanto l’occasione per una riflessione di natura squisitamente filosofica. Non è un ciclo che si chiude, ma semmai un cammino che dalla contrapposizione di platonismo e aristotelismo porta al rifacimento del mondo cui ci hanno abituato le avanguardie e le sperimentazioni contemporanee. Il volume presenta nuclei di dibattito che hanno posseduto una pregnanza essenziale nella definizione di una disciplina, l’estetica, che in ogni sua grande espressione contiene la possibilità del proprio rinnovamento.
Teoria estetica
L’ultimo libro, postumo, di Adorno è senz’altro l’opera più concettualmente aspra del filosofo francofortese. L’asprezza deriva dal compito che l’autore si è visto assegnare dal proprio oggetto: pensare l’opera d’arte dall’interno spingendola al concetto pur sapendo che essa è qualcosa di altro dal concetto. Pensarla senza cedere alle facili sirene dell’empatia e del vissuto; non in un’astratta essenza, bensì nella complessa fenomenicità delle sue manifestazioni storiche. Pensare l’opera d’arte, dunque, nella sua appartenenza al mondo delle merci, ma fino in fondo, ossia come una mercé assoluta che nega se stessa, non facile asilo di una interiorità e di una soggettività in via di sparizione, bensì “cosa” che si rifiuta alla reificazione. Pensare il negativo che si mostra come il vero e proprio interno dell’opera d’arte contemporanea, senza consegnarlo ad un’ontologia edificante, ma cogliendovi piuttosto l’attestazione oggettiva che il circolo dell’effettualità non è perfetto e chiuso in se stesso.
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