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Capolavori Spiegati: 50 dei capolavori più famosi della storia dell’arte spiegati in 60 secondi di lettura ciascuno
L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica
“L’importanza che Benjamin attribuiva a ‘L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica’ (e da ciò l’esigenza di una edizione come questa, che finalmente permettesse di comprendere nel loro insieme la sua genesi e tutte le sue ‘varianti’) risulta evidente dalla nota lettera a Kraft del dicembre del 1935: egli afferma con enfasi di ritenere di avervi fissato la cifra dell”ora del destinO’ che è scoccata per l’arte. Non può trattarsi, quindi, di una semplice fenomenologia delle più recenti tendenze, né dell’apprezzamento del loro carattere rivoluzionario rispetto alla espressione artistica tradizionale, e neppure di una teoria delle nuove Muse: fotografia e cinema. L’ambizione è incomparabilmente maggiore: si tratta di comprendere la crisi del fatto artistico, dell’arte in quanto tale, di una filosofia della crisi dell’arte, destinata, per ciò stesso, ad assumere i toni di una vera e propria filosofia della storia.” (Massimo Cacciari)
I fiori. Il libro che si trasforma in un’opera d’arte. Ediz. a colori
Un libro sontuoso che celebra i colori, le forme e i profumi di un ampio assortimento di fiori. Raffinate illustrazioni accompagnano testi descrittivi di oltre 50 specie. Eliminate le sezioni a tratteggio perforato per ottenere il profilo dei fiori: il libro si trasformerà in un’opera d’arte.
L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica
Qual è il destino dell’arte nel contesto delle trasformazioni radicali indotte dall’invenzione e dalla diffusione di nuovi dispositivi tecnologici quali la fotografia e il cinema? La riproducibilità tecnica capace di annullare la distinzione tra originale e copia è il tratto che accomuna queste nuove forme e che determina lo sconvolgimento del tradizionale rapporto tra il pubblico e il mondo dell’arte. Negli stessi anni in cui nazismo e fascismo minacciavano di prevalere e di cancellare la tradizione europea, Benjamin vede profilarsi una nuova epoca nel rapporto fra arte, tecnica e politica. Ed è per questa analisi così vicina al nostro presente che si rinnova ancora oggi l’attualità di un saggio che costituisce un momento decisivo della riflessione di Benjamin sul Moderno. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica fu caratterizzato da un’avventurosa vicenda editoriale e da una pluralità di stesure – ben raccontate nell’Introduzione di Fabrizio Desideri -, che ne fanno un lavoro ancora alla ricerca di uno sviluppo teorico e di un’esposizione adeguati alla complessità e profondità della sua intuizione originaria. Allo spirito e alla lettera di tale complessità questa edizione intende rimanere fedele, offrendo al lettore italiano le cinque stesure del saggio scritte tra l’autunno del 1935 e l’estate del 1936.
Opinioni:
«Tutti gli sforzi d’estetizzazione politica culminano in un punto. Questo punto è la guerra moderna.» – LaFeltrinelli
La sfilata di moda come opera d’arte
Guardare, guardarsi, essere guardati… Che cos’è davvero una sfilata di moda? Aggancia, su un suo palcoscenico “unico”, l’arte, il cinema, il teatro, la danza, la fotografia, il simbolo e il racconto, la politica persino e l’informazione. E legge ininterrottamente il mutare della contemporaneità, ovvero non finisce mai di rispondere alla domanda di tutti e di ognuno: «Chi davvero siamo diventati, ora?» Moda e sfilata di moda («È un po’ come se la sfilata – Miuccia Prada ne conviene – fosse la mostra per il mondo dell’arte») sono riti sociali esclusivi, certo, ma le risposte che tentano ci riguardano tutti, in modo emotivo, spettacolare, leggero, splendidamente inutile. «Una sfilata di moda è uno spettacolo, è intimità, è intensità. Ed è completamente senza significato: perciò ha tanto successo», dice René Célestin, fondatore di una delle maggiori case di produzione di sfilate. Ma in ballo c’è sempre il significato della modernità, ed è per questo che, da Baudelaire in poi, se ne occupano fra gli altri anche Walter Benjamin, Roland Barthes, Jean Baudrillard… Claudio Calò ne ha uno sguardo dall’interno, che è ad un tempo in presa diretta e critico. Ci racconta di Giorgio Armani, di John Galliano, di Ralph Lauren, di Karl Lagerfeld, di Gianni Versace, di Alexander McQueen o di Antonio Marras come delle supermodel degli anni ’90, e ci conduce per mano dalle vere e proprie bambole che venivano usate nel Settecento in Francia per far conoscere la moda di corte in provincia, fino agli spettacoli planetari e virtuali – avatar al posto di modelle al posto di bambole… – attraverso cui la moda ha dovuto evolversi, spinta fra l’altro dalla pandemia a trovare un nuovo equilibrio e forse una nuova forma. Calò la chiama transmoda: una moda «orizzontale e decentralizzata, veloce e atomizzata, ironizzante e collaborativa» Attraverso scenari planetari e racconti di singoli eventi o incidenti raccolti spesso dalla viva voce dei protagonisti – come la storia del termine mannequin o il segreto della camminata di Naomi Campbell – Calò disegna l’affresco di quel mondo sconosciuto che è sotto gli occhi di tutti.
Opinioni:
«La sfilata di per sé è molte cose assieme, e nessuna in particolare: un video musicale, un teatrino di carta, un documentario, una piccola esibizione effimera per pochi spettatori, una costosa seduta psicoanalitica di gruppo, un gesto politico» – LaFeltrinelli
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