Questa è la pagina dedicata a André Gide.
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L’immoralista-La porta stretta
“L’immoralista” e “La porta stretta” sono due romanzi di ammirevole fattura stilistica che affrontano, da punti di vista differenti, lo stesso problema: nel primo l’esigenza di autorealizzazione di Michel e il suo nichilismo finiscono per uccidere la giovane moglie; nel secondo, Alissa percorre l’opposta strada della rinuncia e dell’ascesi spirituale fino ad annullarsi nella morte. La contraddizione tra le due opere rispecchia esemplarmente il conflitto interiore di Gide e il loro senso finale sembra essere che tanto l’immoralismo, quanto la virtù conducono alla dannazione dell’aridità. Saggiamente, lo scrittore rinuncia a risolvere il contrasto optando per l’ambiguità.
L’immoralista
Durante la luna di miele in Nord Africa, il letterato parigino Michel si ammala di tubercolosi. Convalescente, si trova in maniera inaspettata – e con voluttà totalizzante – a riscoprire i piaceri della vita. Decide così di tagliare i ponti col proprio passato per forgiare un sé del tutto nuovo. Lasciatosi alle spalle il conformismo borghese e il conforto degli studi, il giovane Michel deve affrontare le conseguenze della sua scelta: una deriva sensuale, in bilico tra edonismo e nichilismo, che sfocerà inevitabilmente in tragedia. In questo romanzo tormentosamente autobiografico, Gide disegna con maestria un impietoso ritratto, al contempo ammaliante e repellente, sviscerando un conflitto interiore personalissimo eppure universale. Un viaggio negli abissi della morale al termine del quale scopriamo che in fondo al vizio cieco, ma anche alla virtù sterile, l’unica possibilità è l’inferno.
I sotterranei del Vaticano. Sotie
Una satira irriverente e provocatoria pubblicata nel 1914, l’anno stesso in cui prendeva il via l’immane massacro di tutta una generazione. Una commedia degli inganni che coinvolge una banda di truffatori tra Francia e Italia, maestri del raggiro e del travestimento; dei borghesucci cattolici convinti di dover accorrere dalla provincia francese a liberare il Papa, a Roma, dalla presunta e terribile prigionia in cui lo costringerebbe la Massoneria nei “sotterranei del Vaticano”; scienziati ferocemente atei e positivisti, bensì di facilissima e altrettanto fanatica conversione alla fede; scrittori che della fede sono i portavoce, ma sono mossi dalle peggiori delle vanità e lui, Lafcadio, il figlio segreto e ribelle di tanta ipocrita società borghese.
Le segrete del Vaticano
“Con le Segrete Gide mette in scena una sua commedia umana. La molla dell’intreccio deriva dalle polemiche anticlericali dell’epoca. Ma la trama, pur complicata e divertente, conta solo come pretesto a dipingere e prendere in giro l’imbecillità umana” (Oreste Del Buono). Satira corrosiva di ideali bigotti, pregiudizi e chiusure mentali ambientata alla fine dell’Ottocento e pubblicata agli albori della Prima guerra mondiale, “Le Segrete del Vaticano” – una delle più divertenti e più discusse tra le opere di André Gide, qui riproposta nell’illustre traduzione di Oreste Del Buono – ruota attorno a una truffa organizzata per ottenere denaro da un gruppo di ferventi cattolici francesi portati a credere che papa Leone XIII sia stato rapito e sostituito con un sosia. Tra i personaggi unici che sfilano nelle sue pagine: un massone convertito da una guarigione miracolosa e restituito all’ateismo da una ricaduta; un romanziere che, candidato all’Accademia grazie all’aiuto della gerarchia ecclesiastica, si rende conto dell’inanità della sua opera; ladri e prostitute della malavita romana che non si fermano davanti al crimine. E su tutti lui: Lafcadio, figlio illegittimo di un aristocratico francese che afferma il suo diritto a violare la morale sociale, il protagonista forse più indimenticabile uscito dalla penna di Gide.
I falsari
Primo e unico vero romanzo di André Gide e allo stesso tempo antiromanzo per eccellenza, “I falsari”, pubblicato nel 1925, è un atto d’accusa nei confronti della letteratura per la mancanza di coraggio, per lo scarso approfondimento, per l’oscura coscienza, per essere complice nella costruzione della menzogna, dello psicologismo facile e assolutorio. Sorprendente e affascinante, diverso da qualsiasi altra cosa eppure forte di una struttura perfettamente riconoscibile, mette in scena le vicende di un gruppo di personaggi disparati, moltiplicando i punti di vista, i generi e le linee narrative secondarie, distaccandosi così dalla tradizione del tradizionale romanzo lineare. Per mostrare i limiti delle pretese del romanzo di riprodurre il mondo Gide concerta quest’opera come una sinfonia, sviluppando i temi a lui più cari: i tormenti dell’adolescenza, i disturbi dell’identità e soprattutto la falsità e la menzogna, quella mancanza di autenticità che i romanzieri, i veri e propri falsari, sono i primi a creare e diffondere nella loro sciocca illusione di poter aderire perfettamente alla realtà. Scritto in quella prosa cartesiana che è la vera cifra stilistica di Gide, “I falsari”, antesignano del Nouveau Roman e di tanto postmodernismo, rimane un testo fondamentale per capire la Francia di ieri, ma anche l’intera Europa scomparsa nel fuoco dell’ultimo grande conflitto.
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