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Le canaglie
Vincitore del Premio Segafredo Zanetti per la sezione Serie Tv 2021 Le canaglie è un’epopea trascinante che si immerge in un capitolo enigmatico e controverso della nostra storia, è il diario intimo di uomini e donne famelici e senza scrupoli, un’elegia di cose e di vite perdute, priva di rimpianti. Roma, anni Settanta. Una città stracciona e sontuosa, sempre sul punto di esplodere. Un gruppo di ragazzi sregolati e passionali, di ostinato talento. Il romanzo di una squadra di calcio che ha travolto ogni regola Le canaglie è la storia corale di un gruppo di giovani e del Paese spaccato in cui la loro vicenda prende vita. Quel gruppo è la squadra di calcio più folle che sia mai esistita in Italia, la Lazio dei maledetti, che in poco più di cinque anni, fra l’ottobre 1971 e il gennaio 1977, supera gli avversari in campo ma finisce per distruggere se stessa, passando dalla serie B allo scudetto – nella domenica in cui gli italiani votano per il divorzio – e proiettata verso un epilogo che nessuno poteva immaginare. Sono loro le canaglie, calciatori ventenni che girano armati, si lanciano con il paracadute, scatenano risse al cinema e al ristorante, fuggono dai ritiri per andare al night. Una compagnia di irregolari divisa in due bande: dal lunedì al sabato sono nemici, la domenica diventano fratelli, uno di fianco all’altro, con la maglia biancoceleste. Le canaglie arrivano al successo facendosi la guerra, tramando, sparandosi addosso, ribaltando amicizie e legami. Stanno cominciando gli anni di piombo e la strategia della tensione, l’Italia stessa del resto è divisa e vive la nascita e l’ascesa delle Brigate Rosse, gli omicidi politici, il caso Pasolini, l’uccisione dei magistrati Coco e Occorsio. Si infiammano le battaglie per divorzio e aborto, nascono le radio libere, nelle curve gli ultrà organizzano e dominano l’urlo delle tifoserie. Il ruolo di blandire il Paese ce l’ha la tv: Canzonissima, Carosello, Rischiatutto. Angelo Carotenuto per raccontare tutto questo, per trasformarlo in romanzo e letteratura, inventa la voce mesta e malinconica, ironica e coinvolgente, di Marcello Traseticcio, fotografo di un quotidiano popolare della capitale e testimone del suo tempo, quando da paparazzo della Dolce Vita si è dovuto riciclare come reporter di nera e di sport. Attraverso di lui i ricordi si mescolano alla cronaca, il resoconto reale degli anni Settanta di Roma e dell’Italia si specchia nel desiderio di una gioventù che cercò di spezzare e di rifare il mondo.
La grammatica del bianco
Wimbledon, 5 luglio 1980. Di qua c’è l’Orso: alto e biondo come un dio vichingo, infaticabile, una macchina bella e perfetta. Di là c’è il Genio: piccolo e riccioluto, rapido e indisponente col suo gioco d’istinto e d’attacco. Uno è il campione in carica – Björn Borg, l’altro John McEnroe. Insieme, quel giorno, riscriveranno la storia del tennis. E poi eccolo lì, con la divisa verde e viola dei raccattapalle di Wimbledon c’è anche lui, Warren Favella, undici anni e un talento innato per la solitudine. Porge gli asciugamani ai giocatori, li rifornisce di palline, ne osserva da vicino i tic, i gesti tecnici e quelli scaramantici, ci racconta ammirato e incredulo tutto ciò che accade in campo davanti ai suoi occhi. E intanto ci parla di sé, di come e perché sia cascato anche lui dentro le tre ore e cinquantatré della finale, mettendo da parte in un sol colpo i pomeriggi sui libri, le ansie di sua madre, il sogno di diventare casellante (“Perché è un lavoro triste e i lavori tristi oggi non li vuole fare più nessuno”) e la ricerca di qualsiasi cosa possa parlargli di un padre che non ha mai conosciuto. “La grammatica del bianco” è un romanzo lieve e profondo, divertente e intenso, su quanto sia duro e avvincente trovarsi soli al di qua di una rete, accogliere la sfida di uno scambio, giocarlo, perderlo e dimenticarlo in fretta per affrontare al meglio il successivo. In altre parole: su quanto sia duro e avvincente diventare grandi, dentro e fuori un campo da tennis.
Quel giorno ai Giochi (Instant book)
Rimbalzi
Dove le strade non hanno nome
Carmelino Ramale ha 14 anni e una smisurata passione per i vulcani. È il figlio di don Vittorio, cuoco di uno dei ristoranti più noti di Napoli. Gerri Ghibli ha una singolare ditta che si occupa di recapitare messaggi per conto di chi non se la sente di comunicare notizie di persona, fa dialogare il bene con il male, tiene contatti con “certa gente”, “certi amici”. Carluccio Passamano si muove nel sottobosco dello spettacolo. Moderato Petrone per lavoro si traveste da pupazzo. Questi e altri personaggi, brandelli di un’umanità semidisperata, entrano in contatto tra loro nell’arco di una settimana del luglio del ’93. Quella che si conclude con lo storico concerto degli U2 al San Paolo di Napoli, città in ginocchio in quei giorni per gli scandali sul latte infetto, l’acqua corrente inquinata, la corruzione. E che immaginava di avere davanti a sé un’opportunità con le elezioni del novembre successivo, quelle del “Rinascimento napoletano”. La settimana degli eventi è ricostruita e narrata a ritroso. Il primo giorno, all’ultimo capitolo, spiegherà cause e motivi degli eventi raccontati e porterà tutti verso le strade che non hanno un nome. La metafora del tradimento del futuro di una città, ma pure il luogo da cui parte una dichiarazione d’amore e di speranza.
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