Questa è la pagina dedicata a Carlotta Vagnoli.
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Maledetta sfortuna. Vedere, riconoscere e rifiutare la violenza di genere
È tempo di fare chiarezza su un argomento che ci tocca tutti quanti, ma di cui si fa spesso fatica a parlare nei termini giusti: se ne fa carico Carlotta Vagnoli, giornalista, sex columnist, femminista, attivista, da anni punto di riferimento proprio sui temi della violenza di genere. Vagnoli sviscera il discorso affrontandolo a trecentosessanta gradi, parlando di revenge porn e di linguaggio dell’odio, di victim blaming e mezzi di comunicazione, di pregiudizi e luoghi comuni, di educazione e ruoli, di vittime e carnefici. E facendolo ci sprona a muovere un passo fuori dal branco e a diffondere la disciplina del consenso, aprendo la discussione sugli scenari futuri del rapporto tra uomo e donna, con la speranza in una società libera finalmente dagli stereotipi di genere.
Opinioni:
Di cosa parliamo quando usiamo l’epressione “violenza di genere”? Come nasce? Quali sono i primi campanelli d’allarme? Che cosa accomuna il catcalling al femminicidio? – LaFeltrinelli
Memoria delle mie puttane allegre
Se la Macondo di García Márquez è un paese isolato e circondato dalle foreste dove si succedono generazioni di Buendía e in cui ogni tanto arriva uno straniero, Marina di Castagneto Carducci – dov’è cresciuta Carlotta Vagnoli – ci somiglia abbastanza, se non fosse che a Macondo cercano il mare per tutto il tempo mentre a Castagneto Carducci ce l’hanno davanti. E a cos’altro somiglia un piccolo paese se non a una bolla social dove ognuno pensa di vedere e sapere tutto di tutti, o almeno ci prova? Raccontando la dicotomia “santa/puttana” come il modello fondativo dell’Occidente e prendendo le mosse da Úrsula, Pilar e Remedios la bella di Cent’anni di solitudine, l’autrice svela la furbizia di presupporre i buoni sentimenti o i cattivi costumi delle donne e ci accompagna, dentro e intorno ai romanzi di Gabo, a scoprire la possibilità di vivere avventure anche quando queste sono sbagliate. Per capire cosa c’entrino con tutto questo e l’adolescenza la statua di Nonna Lucia di Carducci, il camper itinerante di una sex worker e la chiesa su ruote che portava la messa a Marina, e cosa significhi che l’Italia, proprio come Macondo, è tutta provincia – ed è proprio qui che nascono le storie -, non resta che leggere il libro.
Opinioni:
«Macondo è destinata alla fine perché la solitudine uccide la comunità. Macondo si estingue perché gli uomini disimparano a comunicare e a sopravvivere nello spazio ristretto che gli è concesso. Macondo, Marina di Castagneto Carducci e il mondo intero sono tutti sinonimi. Ogni luogo ha un tempo in cui poter evolvere, e questa evoluzione dipende dagli esseri umani che lo abitano. La capacità di redimersi, di accettare i propri limiti, di creare legami autentici e profondi, di vivere la realtà abbandonando il mondo dell’occulto e del divinatorio, diventa essenziale ai fini della sopravvivenza.» – LaFeltrinelli
Poverine: Come non si racconta il femminicidio
Memoria delle mie puttane tristi
Giunto in tarda età, un giornalista eccentrico e solitario, appassionato di musica classica, scopre il piacere di contemplare il corpo nudo di una donna che dorme, «senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore» Forse per la prima volta incontra l’amore, quello ce non ha mai cercato nelle donne che ha incontrato e conosciuto, e trova «l’inizio di una nuova vita in un’età in cui la maggior parte dei mortali è già morta» Struggente e gioioso al tempo stesso, Memoria delle mie puttane tristi è un atto di magia narrativa che si impossessa dei nostri sentimenti, penetrando il mistero della vita.
Opinioni:
«L’anno dei miei novant’anni decisi di regalarmi una notte di folle amore con un’adolescente vergine.» – LaFeltrinelli
Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più
Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Ha un’ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice più nessuno.
Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva.Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto» Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di scopare di più, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta.Se volessi saperne di più, dai un’occhiata al nostro canale Youtube!
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