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Béla Guttmann. Il grande ritorno. Dall’Olocausto alla Coppa dei Campioni: storia del primo grande allenatore di calcio
Prima di Pep Guardiola e prima di José Mourinho, c’era Béla Guttmann: la prima vera superstar da calcio. Sorprendentemente, Guttmann era anche un sopravvissuto dell’Olocausto. Suo padre, sua sorella e la sua famiglia allargata furono assassinati dai nazisti. Del folto nucleo di allenatori ungheresi che giunse in Italia per arricchire il nostro calcio, Guttmann fu l’ultimo ad arrivare in Italia, nell’immediato secondo dopoguerra e l’unico a morire di vecchiaia. Erni Erbstein, dopo essere scampato alla Shoah, si schiantò con il Grande Torino sulla collina di Superga il 4 maggio del 1949. Arpad Weisz, dopo aver vinto tutto con l’Inter e il Bologna, fu deportato e ucciso con tutta la sua famiglia ad Auschwitz nel 1944. Già calciatore del MTK Budapest e della compagine ebraica di Vienna, l’Hakoah, divenuto un allenatore giramondo, Guttmann sbarcò in Italia nel 1949 allenando in prima battuta Padova e Triestina. Nel 1953 fu ingaggiato dal Milan, dove portò oltre al fuoriclasse uruguagio Schiaffino, su consiglio del “Paron” Nereo Rocco, il “mulo” triestino e futuro capitano Cesare Maldini. Allenatore già strapagato, strappò un ricco contratto al Benfica nel 1959. A Lisbona vinse due campionati e due Coppe dei Campioni, lanciando un giovane ragazzo proveniente dal Mozambico, la “Pantera nera” Eusebio. La cesura con i lusitani avvenne proprio dopo l’ultima grande vittoria nella finale contro il Real Madrid di Puskas e Di Stefano. Guttmann chiese un’ulteriore riconoscimento economico al rinnovo del contratto. Negatogli, memorabile fu la sua profezia tutt’oggi ancora valida: «Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà due volte campione d’Europa e il Benfica senza di me non vincerà mai una Coppa dei Campioni» Era il 1962. Da quel giorno anche Guttmann non vinse più trofei, ma istrione come sempre, proseguì la sua gloriosa carriera in Europa e in Sud America fino alla metà degli anni Settanta. Di tutta la sua vita era rimasta misteriosa solo una frase, quella terribile relativa alla Shoah. Per la prima volta David Bolchoiver ricostruisce anche quella vicenda, come Guttmann sia riuscito a sfuggire al genocidio. Una storia tragica e avventurosa, come tutta la sua vita.
Opinioni:
Per il Giorno della Memoria, una grande epopea storico-calcistica. La vita dell’allenatore sopravvissuto ai campi di sterminio e divenuto profeta in Italia e in Europa. – LaFeltrinelli
The Greatest Comeback: From Genocide To Football Glory: The Story of Béla Guttman (English Edition)
Il manager come allenatore. Gestire il team in azienda
Il calcio – pur con i suoi chiaroscuri – rappresenta il luogo ideale in cui si manifestano le forme più pure di management. In un’epoca in cui i club calcistici sono divenuti più che mai un business, il business nel suo senso più ampio ha improvvisamente assunto le sembianze del calcio. Nell’universo del calcio il talento prevede una ricompensa, è necessaria la capacità di attrarre e trattenere i giocatori migliori e ottenere il meglio sia a livello individuale che a livello di team: tutti questi elementi sono essenziali alla vita e alla prosperità di qualsiasi tipo di organizzazione Gli allenatori rappresentano allora una sorta di prototipo manageriale di cui studiare stile e metodologia. Gli autori analizzano i punti di forza e di debolezza di famosi coach per rispondere alle domande poste dalle odierne teorie del management: quali sono le strategie per relazionarsi con persone brillanti ma dal comportamento mutevole? Il manager migliore deve essere sia uno stratega sia un motivatore? Che cosa fa sì che le persone migliori vogliano lavorare per voi? Quali sono i vantaggi di un talento cresciuto in casa rispetto al talento che proviene dall’esterno? Una squadra deve essere costruita sempre intorno a un singolo individuo con doti superiori alla media?
Pay Check: Are top earners really worth it? (Updated edition) (English Edition)
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