Questa è la pagina dedicata a Elvis Malaj.
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Dal tuo terrazzo si vede casa mia
Fra due case che si vedono l’un l’altra potrebbe esserci una strada. Lastricata e sicura, a volte, ma più spesso tortuosa, o liquida come il mare fra l’Italia e l’Albania. La via fra le sue onde è faticosa come una lingua da imparare, andando e tornando, pensando una cosa e dicendone un’altra. Ma non sono soltanto le parole a mutare, ad assumere nuovi significati in questo relato sono i fatti stessi e le persone che troviamo sul cammino. Sempre a metà del guado, Elvis Malaj ci restituisce qualche tappa di questo percorso: due mondi, due lingue, fra noi e loro, me e te. Declinazioni dell’inadeguatezza – per forza di cose – poiché a camminare in cima al bordo si finisce per barcollare, e non corrispondere ad alcuna definizione. E così una prima volta non sarà mai abbastanza bella, o abbastanza prima, un approccio mai abbastanza azzeccato, una battuta mai capita fino in fondo, e una metafora? O troppo astratta o presa troppo alla lettera. E qualche volta, per evitare il confronto, si chiederà scusa e si scapperà via approfittando di un incidente; oppure si preferirà il silenzio sin da subito e l’incidente lo si andrà a cercare. Si indosserà una maschera per diventare le persone che vogliamo. Perché il confine, sfumando, è tra finzione e realtà. “Dal tuo terrazzo si vede casa mia” è l’invito a venire dall’altra parte, a scendere di casa e passare per quella strada. Un’istanza di condivisione e meticciato, di sguardo altro, di cui sentiamo il richiamo.
Opinioni:
Candidato al Premio Strega 2018 – LaFeltrinelli
Avevo storie in testa e ho incominciato a scriverle, in italiano, lingua in cui avevo iniziato a leggere – Elvis Malaj
Il mare è rotondo
«In questa nuova prova Malaj mostra l’esperienza della migrazione in tutta la sua complessità, prestando ai suoi personaggi il doppio sguardo di chi ha il piede in due mondi e può raccontarci l’Italia agognata e immaginata dall’Altro» – Robinson
Quella tra Ujkan e l’Italia è una relazione complicata. Andarci è sempre stato lo scopo della sua vita, ma il motivo non se lo ricorda più. Quando aveva undici anni aveva provato a raggiungerla mescolandosi ai profughi kosovari, ma sua madre era riuscita a scovarlo un attimo prima che s’imbarcasse. Da allora, tutta la sua esistenza è stata un susseguirsi di tentativi falliti: l’ultima volta non ha fatto neanche in tempo a bagnarsi i piedi. «Non me la sento» ha detto allo scafista incredulo, ed è rimasto sul gommone fino a casa, in Albania. Adesso ha davanti una lunga estate fatta di attesa, lavoretti malpagati e progetti imprenditoriali assurdi insieme ai soliti amici – Sulejman, intento a comporre un romanzo su una vecchia macchina da scrivere piazzata nel cortile, e Gjokë, che si divide tra il bar e il biliardo senza mai togliersi giacca e cravatta. C’è anche Irena, bellezza in bicicletta: Ujkan la insegue, la sogna, la cerca, lei minaccia di sparargli ma poi non spara mai. Mentre l’Italia resta sullo sfondo, raccontata da tutti senza che nessuno abbia davvero voglia di andarci, Elvis Malaj ci trascina in un gioco letterario spassoso e raffinato, in cui tra depistaggi, giri a vuoto e false partenze si diverte a stupire i lettori e li accompagna, con la sua voce originalissima, verso l’inatteso, scoppiettante finale.Opinioni:
Una storia spiazzante, ironica, esplosiva. Elvis Malaj ci trascina in un gioco letterario spassoso e raffinato, in cui tra depistaggi, giri a vuoto e false partenze si diverte a stupire i lettori e li accompagna, con la sua voce originalissima, verso l’inatteso, scoppiettante finale. – LaFeltrinelli
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