Questa è la pagina dedicata a Enza Buono.
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Quella mattina a Noto. Con un racconto di Gianrico Carofiglio
Tornata dopo quarant’anni nella Sicilia della sua giovinezza, la narratrice vede avanzare tre figure di donna “con leggero passo di danza”, che la inducono a raccontare la loro storia. Sono le protagoniste di “Quella mattina a Noto”, donne che nella Sicilia a cavallo del secolo si sono battute per la libertà di decidere, di istruirsi, di insegnare. La capostipite è Mariannina, costretta ad abbandonare Palermo dopo la perdita del marito e del patrimonio. La figlia, Lidduzza, conquista l’indipendenza e la difende gelosamente; la nipote, Ituzza, si laurea – ospite della famiglia Brancati, dove il piccolo Vitaliano, detto Nuzzo, inventa sul vasino le sue prime storie – e poi si trasferisce a Noto, dove insegna, si sposa e cresce i figli, finché la necessità la spinge a lasciare la sua Sicilia per Bari. Muovendo dal ricordo di un rapporto familiare, Gianrico Carofiglio chiude con una affascinante finzione il racconto della madre.
Pettegolezzi di condominio e altri racconti
Questi racconti sono quadri di vita di un Sud profondo, dove si aggirano personaggi pieni di inquietudini: una donna che sembra perdere se stessa, ricomponendo il ricordo della madre scomparsa; Clotilde che deve liberare una casa dalle carte e dal passato; una mamma che con ironia affronta col suo bimbo una vacanza colma di disagi; Daniele che scopre di aver vissuto l’intera vita nella menzogna; il cagnolino Randi che percepisce feroci gli abbandoni. Con grazia e ritrosia, l’autrice descrive un mondo di esistenze imperfette, pronte a cercare un imprevedibile riscatto.
La nostra ultima estate
Zaira ha i sensi all’erta: nessun dettaglio le sfugge; lei osserva e annota ogni cosa, raccoglie odori, sapori, tracce di esistenza. Tutti la vedono calma e coraggiosa, ma dentro Zaira si sente “naufraga in acque tempestose”. Le sue radici sono africane: la sua storia comincia in Etiopia, con un padre di cui sa troppo poco – misterioso, quasi invisibile – e una madre che non si lascia mai scoraggiare. L’infanzia e l’adolescenza di Zaira sono invece italiane: la seconda vita è qui, e qui sono gli anni di scuola, le prime, faticose amicizie, i passi incerti in una terra di sorprese e di feroci diffidenze. “Se esistono gli extracomunitari, chi sono i comunitari?” si domanda Zaira. La risposta è muta; è nel conquistare giorno per giorno – con la tenacia ereditata da sua madre – niente più che lo spazio per parlare, lavorare, innamorarsi, esserci. Lo spazio che chiamiamo identità. Zaira racconta questo cammino accidentato all’amica Marcella: lo fa con la fiducia e lo slancio di un sodalizio femminile, molto più che semplice solidarietà. La malattia della madre, una gravidanza imprevista, l’ostilità di un uomo, le ferite del razzismo – nella vita di Zaira. E in quella di Marcella, in apparenza più quieta, i sogni di fuga, la nostalgia per Bari e per il mare, la fatica di tenere insieme una famiglia senza rinunciare a se stessa. Ancora una volta, l’identità.
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I tre porcellini. Ediz. CAA
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