Questa è la pagina dedicata a Gesualdo Bufalino.
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Diceria dell’untore (Classici contemporanei Bompiani)
L’amaro miele
Il guerrin meschino
Spettatore infantile dell’Opera dei pupi, poi garzone a bottega di un pittore di paladini, Gesualdo Bufalino si appassionò precocemente a duelli, incantesimi, amori che vedeva fiorire ogni giorno sugli sportelli dei carri e sugli “scacchi” dei cartelloni. Lette le gesta di Guerrino il Meschino sulle pagine di un’edizione tascabile, ne fece il suo idolo di quegli anni. Qui il ragazzo di allora, nei panni di un anziano cantastorie dalla lingua arcaica e visionaria, guida il suo eroe di prova in prova, alla ricerca del padre ignoto e d’una lenta maturità, nelle intenzioni di un viaggio d’educazione travestito da fiaba cavalleresca. Viaggio e fiaba, però, si interrompono a metà, lasciando molti fili sospesi, sotto l’incalzare di un tempo che crede poco ai miracoli della finzione e all’amabile gioco delle parti cari alla convenzione romanzesca. Abbandonato dai suoi personaggi, all’autore non resta che arrendersi ai patemi del presente, agli scenari di cartapesta, alla “mise en abîme” del suo cuore.
Opinioni:
«Lui che oggi si sentiva un dubbio insidioso crescere nella mente: se il fine occulto del suo cercare fosse stato di non trovare…» – LaFeltrinelli
Argo il cieco
«Scrive Leopardi in un luogo della sua Storia del genere umano: “E Giove seguitò dicendo: avranno tuttavia qualche mediocre conforto da quel fantasma che chiamano Amore.” Non diversamente il protagonista di queste pagine (lo stesso autore, forse; ma forse no, a dispetto della coincidenza onomastica), assediato dall’inverno in un albergo romano, rievoca, per medicina dei suoi accessi d’angoscia, antiche venture di cuore nel Sud, al tempo della gioventù. Ne risulta uno sdoppiarsi dell’io parlante in due città ed età diverse sotto due maschere alterne, in altalena perpetua fra abbandono e impostura, sfogo ingenuo e farnetico astuto. Un diario-romanzo, insomma, che via via può leggersi come ballata delle dame del tempo che fu, o come Mea culpa di un vecchio che vanamente si ostina a promuovere in leggenda, attraverso ilarotragici ingranaggi di parole, la sua povera “vita nova”.» (Gesualdo Bufalino)
Opinioni:
«Fui giovane e felice un’estate, nel cinquantuno. Né prima né dopo: quell’estate. E forse fu grazia del luogo dove abitavo, un paese in figura di melagrana spaccata; vicino al mare ma campagnolo; […] e che angele ragazze si spenzolavano dai davanzali, tutte brune. Quella che amavo io era la più bruna.» – LaFeltrinelli
Saldi d’autunno (Tascabili. Romanzi e racconti Vol. 811)
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