Questa è la pagina dedicata a Luca Goldoni.
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Tranelli d’Italia. E nessuno sa più sbrogliare la matassa
Luca Goldoni da decenni osserva e racconta gli italiani, popolo strano che cambia più facilmente i suoi pensieri che non il suo modo di essere. “Tranelli d’Italia”, parodia dell’inno di Mameli, è una provocazione, una analisi schietta e pungente degli anni che stiamo vivendo. L’occhio di un giornalista del nostro tempo descrive una società che non riconosce più, una nazione soave ormai scossa da venti approssimativi e confusionari. Attraverso una sorta di diario personale, Goldoni realizza un quadro amaro di un paese eternamente sospeso tra grandi slanci e rovinose cadute. “Tranelli d’Italia” è un atto di accusa verso la nostra società ma anche una dichiarazione d’amore nei confronti del genio italico.
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Chiaro e tondo
Come sono cambiati gli italiani in questi anni? Sono ancora un paese di santi, navigatori e poeti, oppure hanno scoperto nuove vocazioni meno nobili? Luca Goldoni, giornalista italiano, osserva i suoi connazionali con grande affetto e lucida ironia. Lui, che ha girato il Belpaese in lungo e in largo in cinquant’anni di professione giornalistica gli italiani li conosce bene e continua a guardarli con rinnovata attenzione perché sa che sono pieni di sorprese. Scopre come sono cambiate le abitudini linguistiche, lancia un appello per risolvere l’emergenza cassetta della posta nei condomini intasata tanto quanto i parcheggi di Milano il sabato pomeriggio, e con penna arguta riflette su quanto gli strumenti della telecomunicazione abbiano falsato i rapporti interpersonali.
Il mare nell’anima
“Si può ripercorrere la propria vita sotto diverse angolazioni: gli amori, la famiglia, il lavoro, i viaggi, le battaglie ideologiche e così via. In questo libro racconto il fascino che il mare ha sempre esercitato su me bambino e adulto. Dal moscone che i medici di una volta prescrivevano come terapia (“Lo faccia remare che gli si allarga il torace”) alla regata sul Moro di Raul Gardini. Dal primo gommone di vacanza alle drammatiche vicende su un peschereccio in Atlantico. Dalla scuola di vela a Caprera (chiamata Cajenna per la brutalità degli istruttori) all’ostentazione degli skipper nababbi in Costa Smeralda. Dalla frequentazione delle prime spiagge dell’Adriatico (le suore col cappello ad ala di gabbiano dicevano il rosario lungo la risacca con le sottane appena sollevate sopra le caviglie) agli arenili del Kenia dove gli italiani all’ombra delle palme si vantano sempre di viaggi precedenti. Parlo di queste esperienze un po’ con tenerezza, un po’ con ironia, un po’ con sarcasmo. Parlo di mare perché mi ha suscitato tante emozioni e ha affinato la mia capacità di osservare e descrivere.” (Luca Goldoni)
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