Questa è la pagina dedicata a Monica Zornetta.
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Ludwig. Storie di fuoco, sangue, follia
Ci sono storie vere più agghiaccianti della trama di un thriller. Ci sono protagonisti così maledetti da superare le più oscure fantasie. E il caso di Ludwig, la diabolica coppia di serial killer che tra gli anni Settanta e Ottanta ha seminato il terrore in Italia e in Germania, massacrando e bruciando chi non rispettava i suoi rigidi criteri morali. Il nome compare per la prima volta in un volantino dall’iconografia nazista nel quale si attribuisce gli omicidi di un senzatetto, di un omosessuale e di un tossicodipendente. L’inquietante firma tornerà in altre sei rivendicazioni, in seguito alle uccisioni di una prostituta, di uno studente, di tre religiosi e alle stragi in un cinema a luci rosse di Milano e in un locale notturno a Monaco di Baviera. Le indagini faticano a decollare; poi, nel 1984, la svolta inattesa. Due insospettabili ragazzi veronesi – Wolfgang Abel, di nazionalità tedesca, e Marco Furlan – vengono arrestati nel mantovano mentre danno fuoco a una discoteca con dentro quattrocento ragazzi. Da quel momento Ludwig smette di uccidere. I due, riconosciuti seminfermi di mente, vengono condannati a ventisette anni di carcere. Abel ne sconta ventitré, Furlan sedici. La loro vicenda giudiziaria si è da poco conclusa ma molte domande sui moventi e sulle eventuali complicità sono rimaste senza risposta, ci obbligano a confrontarci con le verità contrapposte di un caso enigmatico e a interrogarci sul fragile confine tra “normalità” e follia.
Terrore a nordest
La resa. Ascesa, declino e «pentimento» di Felice Maniero
Le ultime immagini di Felice Maniero, l’ex boss della Mala del Brenta, lo ritraggono circondato da poliziotti e giornalisti, ammanettato e sorridente sotto il suo inconfondibile caschetto. Dopo aver spadroneggiato per anni in tutto il Nordest, nel 1995 scende a patti con lo Stato, ma tiene fuori dai processi madre, fidanzata e, soprattutto, i suoi miliardi. Oggi Felice Maniero è un uomo libero e un affaccendato imprenditore. Ha cambiato identità, ma nella memoria di tutti resta pur sempre “Faccia d’angelo”.
A casa nostra
A casa nostra. Da Cosa Nostra a Felice Maniero: cinquant’anni di mafia e criminalità in Veneto
«Parlare di mafia in Veneto? Ma se qui non c’è!» Quante volte lo si è detto. E in Veneto si lavora sodo, si vota per difendere il gruzzolo, si prega. Eppure qui sono arrivati «Totuccio» Contorno, Salvatore Badalamenti, nipote di quel «Tano» che fece ammazzare Peppino Impastato. Qui, Giuseppe Madonia ha condotto i propri business, complici alcuni imprenditori locali. Ma il Veneto non ha solo importato mafia: l’ha creata. In nessun’altra regione italiana, escluse quelle meridionali, è nata un’organizzazione con le caratteristiche del 416 bis. Il Veneto l’ha avuta e l’ha chiamata Mala del Brenta. Il suo capo, Felice Maniero, dopo aver trafficato in droga, armi e aver ammazzato molti dei suoi sodali, è pure fuggito da un carcere di massima sicurezza. E oggi, pentitosi, fa l’imprenditore. Questo e molto altro di ciò che è accaduto «a casa nostra» dagli anni Cinquanta è raccontato in un libro che mette insieme sentenze e verbali di interrogatorio con, in più, la viva voce dei testimoni. Introduzione di Gian Carlo Caselli. Prefazione di don Luigi Ciotti. Con un intervento di Pietro Grasso.
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