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3P. Padre Pino Puglisi. Supereroe rompiscatole
Sicilia, Palermo, Brancaccio, il Vangelo, l’educazione, il bene comune, l’amicizia, la mafia, il degrado, il coraggio, il sorriso, la giustizia, la speranza! Queste parole raccontano la bella e straordinaria vita di Padre Pino Puglisi (detto 3P, 1937-1993, beatificato nel 2013), il quale, come sacerdote e come insegnante, ha donato le sue energie per i giovani, morendo ucciso dalla mafia, che ha avuto paura di lui. In questo diario racconta lui stesso di sé, condivide i suoi pensieri, ricorda momenti brutti e belli, insegna l’impegno per ciò che è buono, il desiderio di non arrendersi, la voglia di fare ciascuno qualcosa per migliorare la società. La narrazione è arricchita anche da diversi brani scritti da 3P. Età di lettura: da 10 anni.
Don Pino Puglisi. A mani nude
Don Giuseppe Puglisi, per tutti Pino, fu ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 nel quartiere palermitano di Brancaccio, dove era nato e cresciuto. L’impegno, il carisma, la vita esemplare fanno sì che “don Puglisi parli ancora alla coscienza del nostro tempo” come scrive il ministro Andrea Riccardi nella prefazione. “Le pagine di questo volume” continua Riccardi, “danno al lettore un ritratto a tutto tondo del parroco di Brancaccio, un uomo pieno di vita, di sogni e di domande, un cristiano vero, un siciliano non autoreferenziale né complessato”, una figura che merita di essere compresa ed emergere “in tutta la sua affascinante grandezza”.
Se ognuno fa qualcosa si può fare molto
Pino Puglisi, il prete che fece tremare la mafia con un sorriso
Il primo martire di mafia. L’eredità di padre Pino Puglisi
Che cos’è cambiato dopo la morte di don Pino Puglisi, detto “padre”, ucciso a Palermo da ‘Cosa nostra’ il 15 settembre 1993 per il suo impegno evangelico e sociale? Il primo martire della Chiesa eliminato dalla mafia e proclamato beato nel 2013 ha lasciato una sfida da raccogliere: l’elaborazione di una pastorale più vicina agli ultimi e capace di fronteggiare i fenomeni mafiosi, soprattutto quelli di natura culturale. Dalle parole di condanna di Giovanni Paolo II a quelle di scomunica di Papa Francesco si è realmente passati, nella Chiesa, «dalle parole ai fatti»? I sacerdoti e le comunità cristiane sanno come comportarsi in modo evangelico di fronte alla prepotenza mafiosa? Esistono esempi di buone pratiche cristiane, che potrebbero essere riprodotte in contesti simili?
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