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Annali, Libri I-VI, Volume 1
Tacito è il più grande storico della letteratura latina: fu, tra i Romani, ciò che Tucidide era stato per i Greci. La sua opera è sorretta dal puntuale esame delle fonti – gli ‘Acta senatus’ e gli scritti dei ‘rerum scriptores’ che l’avevano preceduto -, anche se talvolta lo storico arriva a fare torto ai criteri dell’oggettività pur di sostenere il proprio ideale repubblicano contro la decadenza del sistema politico imperiale. Il suo stile lapidario, conciso, ormai assai lontano dalla sonora armonia ciceroniana, rimane inconfondibile e di un’efficacia espressiva difficilmente imitabile. Gli «Annales», la sua opera più famosa insieme alle «Historiae», ci sono giunti lacunosi; i libri qui presentati, i primi sei, raccontano il principato di Tiberio ed è in queste pagine che Tacito trova modo di stigmatizzare con particolare forza lo svilimento e la svendita della dignità della classe senatoria di fronte all’imperatore.
La Germania
Annali (Vol. 2)
Tacito è il più grande storico della letteratura latina: fu, tra i Romani, ciò che Tucidide era stato per i Greci. La sua opera è sorretta da un puntuale esame delle fonti – gli ‘Acta senatus’ e gli scritti dei ‘rerum scriptores’ che l’avevano preceduto -, anche se talvolta lo storico arriva a fare torto ai criteri dell’oggettività pur di sostenere il proprio ideale repubblicano contro la decadenza del sistema politico imperiale. Il suo stile lapidario, conciso, ormai assai lontano dalla sonora armonia ciceroniana, rimane inconfondibile e di un’efficacia espressiva difficilmente imitabile. Gli «Annales», la sua opera più famosa insieme alle «Historiae», ci sono giunti lacunosi; i libri qui presentati, dall’undicesimo al sedicesimo, relativi alla parte finale del principato di Claudio e quasi tutto quello di Nerone, offrono a Tacito l’occasione per dipingere un ritratto a tinte cupe del potere assoluto nel suo aspetto più degenerato.
Le storie. Testo latino a fronte
Opera fondamentale della storiografia occidentale, Le storie di Tacito furono scritte intorno al 110 d.C. e narrano – nella parte a noi pervenuta – i fatti del 69-70 d.C. Severo, solenne, Tacito scava nel profondo degli animi degli uomini per dipingere senza infingimenti la brama di potere di chi regna, l’ipocrisia dei cortigiani, la volubilità degli eserciti, l’insensatezza del volgo. Con un’analisi lucida e un giudizio acuto, innalza il contingente – la vicenda del principatus romano – a categoria storica universale, mostrando «di che lacrime grondi e di che sangue» la facciata del potere.
Opinioni:
«Rara felicità di tempi in cui è lecito pensare quel che si vuole e dire quel che si pensa.» – LaFeltrinelli
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