Questa è la pagina dedicata a Stefano Zurlo.
In questa pagina troverai 5 prodotti, tra cui “Wanna Marchi. Ascesa e caduta di un mito”.
Wanna Marchi. Ascesa e caduta di un mito
All’inizio era timida e impacciata: non riusciva a vendere i suoi prodotti. Poi, il marito Raimondo Nobile s’inventò l’alga liofilizzata e Wanna Marchi diventò famosa. Una figura tornata oggi alla ribalta tanto che Netflix le ha dedicato una docuserie. Per vent’anni l’estetista di Ozzano è stata una delle regine della Tv, un personaggio ricercato nei salotti e persino a teatro, una promessa del cinema, un fenomeno di costume. Finché qualcosa è cambiato: la signora che sferzava le casalinghe e le invitava a farsi belle ha cominciato a vendere i numeri della fortuna, in compagnia della figlia Stefania e di un mago brasiliano, si è messa a predicare sfortune e sventure, a vendere sale e pozioni contro il malocchio. C’era solo il sogno, è rimasta la truffa. Il miraggio del benessere ha lasciato il posto alla povertà, l’euforia all’umiliazione. Le vittime, con le loro drammatiche deposizioni in tribunale, svelano come si è sviluppata la fabbrica delle illusioni; Mario Pacheco Do Nascimento spiega com’era gestita dall’interno. Un ex dipendente e un’insegnante di Bologna mostrano come la magistratura e le istituzioni abbiano ignorato per anni le denunce e gli allarmi lanciati da chi aveva intuito il malaffare. Piergiuseppe Cananzi, ai tempi capitano della Guardia di finanza, l’ufficiale che arrestò Wanna e la figlia Stefania, ricostruisce l’operazione «Tapito salato» fino alla notte in cui scattarono le manette. Era il 24 gennaio 2002. Stefano Zurlo dà voce a tutti i protagonisti della vicenda, ricordando che nel caso di Wanna Marchi la televisione «buona» ha prevalso sulla «cattiva», quella che illude e inganna la gente, mettendo finalmente la magistratura nelle condizioni di intervenire.
Opinioni:
Stefano Zurlo dà voce a tutti i protagonisti della vicenda, ricordando che nel caso di Wanna Marchi la televisione «buona» ha prevalso sulla «cattiva», quella che illude e inganna la gente, mettendo finalmente la magistratura nelle condizioni di intervenire. – LaFeltrinelli
Il libro nero della magistratura. I peccati inconfessati delle toghe italiane nelle sentenze della Sezione disciplinare del CSM
Nomine, spartizioni, accordi sottobanco fra le correnti. Tutto avvilente, per carità. Ma c’è ben altro, ben altre infezioni, nel corpo malato della corporazione togata. Comportamenti e azioni davanti a cui si resta interdetti e si fatica a trovare parole adeguate. Ci sono giudici che hanno depositato sentenze con mesi e mesi di ritardo e altri che hanno dimenticato in cella gli imputati per 51 giorni. Ci sono giudici che hanno chiamato i carabinieri per non pagare il conto al ristorante e altri che hanno smarrito pratiche e fascicoli, vanificando anni di processi. Tutti giudici processati dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Molti sono stati assolti perché c’è quasi sempre una scappatoia: troppo lavoro, il sistema che non funziona, la separazione dalla moglie, la malattia grave di un congiunto. Altri, invece, non sono sfuggiti alla condanna del «Tribunale» dei colleghi con verdetti più di una volta di manica extralarge: l’ammonimento o la censura. Più di rado ecco la perdita di anzianità e, ancora meno, l’espulsione dalla categoria. Sono centinaia i procedimenti disciplinari che si svolgono davanti al CSM: a volte i media ne parlano, della maggior parte invece si tace. Processi celebrati nel silenzio e che nel silenzio si chiudono. “Il libro nero della magistratura”, il nuovo libro di Stefano Zurlo, traducendo dal burocratese le sentenze della Sezione disciplinare del CSM, illumina un versante sconosciuto della giustizia italiana: i peccati inconfessati delle toghe.
Il libro nero delle ingiuste detenzioni. Perché in Italia migliaia di innocenti finiscono in galera: le storie, le cause, le colpe
Quanti sono gli errori giudiziari in Italia? Quante persone ogni anno subiscono la custodia cautelare, salvo poi rivelarsi innocenti? E qual è la spesa che lo Stato affronta per risarcirle? Quante di loro ottengono un indennizzo? Le ingiuste detenzioni macchiano come una brutta malattia la quotidianità della giustizia, gli errori sono la vergogna della vergogna e assumono proporzioni inimmaginabili. Dal 1991 al 31 dicembre 2020 i casi sono stati 29.659: in media, poco più di 988 l’anno. Il tutto per una spesa complessiva dello Stato gigantesca, tra indennizzi e risarcimenti veri e propri: 869.754.850 euro e spiccioli, per una media appena superiore ai 28 milioni e 990 mila euro l’anno. Non si capisce la fragilità del nostro apparato se non si va a studiare queste storie, prigionie di pochi giorni o di molti anni, ambientate al Nord come al Sud, con protagonisti famosi o illustri sconosciuti, trasversali alle classi sociali. Basandosi su dati concreti e verificabili, Zurlo firma una nuova inchiesta graffiante e attualissima: un’indagine dentro il cuore della cronaca, tra casi clamorosi e altri purtroppo silenziosamente ignorati, per fare chiarezza e portare all’attenzione di tutti la vera storia delle vittime della malagiustizia.
Quattro colpi per Togliatti. Antonio Pallante e l’attentato che sconvolse l’Italia
Forse non tutti sanno che l’Italia è stata sull’orlo della guerra civile. Era il 14 luglio del 1948, e il Paese si avviava faticosamente a uscire dalle macerie del conflitto mondiale, quando un giovane di 25 anni cerca di uccidere Palmiro Togliatti, capo del Partito comunista. Antonio Pallante, l’autore dell’attentato oggi ultranovantenne ma ancora lucidissimo, racconta per la prima volta la sua storia: dai quattro anni in seminario a quel colpo di pistola che nel ’43 interruppe le linee telefoniche fra Roma e Tripoli, fra il Duce e la Libia, e lo mandò quasi sotto processo, dalla carriera da giornalista per «L’Uomo Qualunque» agli scontri violenti con i militanti comunisti siciliani mentre nell’isola sbarcavano gli Alleati. Fino a quel giorno di luglio, quando i colpi della Hopkins & Allen comprata al mercato nero di Catania feriscono il Migliore, e per lui si spalancano le porte del carcere. E poi il processo, gli anni della detenzione, la libertà e la vecchiaia: una pagina di storia che per magia torna, o potrebbe tornare attualità. Cronaca. Dà le vertigini, come un meteorite precipitato dal cielo.
Sembrava impossibile. Da 0 a 100. Storie di imprenditori di successo
Il libro racconta la storia di persone che ce l’hanno fatta, che dal niente hanno costruito grandi imperi. Individui speciali, che con il proprio esempio possono fonte di ispirazione per i giovani. I ragazzi, in questo momento storico così complesso, hanno bisogno di confrontarsi con modelli di vita positivi e costruttivi, ritrovando nuovi ideali, punti di riferimento, stimoli e, soprattutto, obiettivi da condividere e realizzare. Si raccontano le storie di chi è riuscito a concretizzare il proprio sogno creando un impero dal nulla, partendo proprio da zero. Imprenditori che, pur partendo da condizioni di disagio economico, da origini umili e dall’impossibilità ad avere un’istruzione adeguata, grazie alla loro forza di volontà, al loro impegno, alla loro costante dedizione unita ad una grande tenacia, sono riusciti a realizzare i loro obiettivi, creando realtà imprenditoriali straordinariamente importanti. E per questo sono da considerarsi degli esempi. Per tutti. Gli imprenditori protagonisti: Enzo Catellani, Roberto Costa, Renato Crosti, Davide Dattoli, Marco di Giusto, Ennio Doris, Luca Ferrari, Antonio Ferraro, Giovanni Fileni, Marco Giapponese, Enrico Magni, Maurizio Marini, Mauro Papalini, Ernesto Pellegrini, Dario Pizzardi, Luigi Postiglione, Massimo Pulcinelli, Fabio Rappo, Rosario Rasizza, Giancarlo Selci, Romeo Sozzi, Iginio Straffi, Mauro Tiberti. Prefazione di Nicola Porro.
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