Questa è la pagina dedicata a Vasco Pratolini.
In questa pagina troverai 5 prodotti, tra cui “Cronache di poveri amanti”.
Metello
Firenze, 1875. Metello Salani nasce nel rione popolare di San Niccolò e, anche se si trasferisce quasi subito a vivere in campagna con gli zii, non dimentica la sua cittò d’origine. Lì è morto suo padre, annegato in Arno. Lì riconosce le sue radici. E lì da ritorno non appena gli riesce, a soli quindici anni, in cerca di lavoro e di fortuna. Sotto l’ala protettrice di Betto, il vecchio anarchico che gli farà da padre, Metello inizia a lavorare come muratore nei cantieri edili e si avvia a un apprendistato non solo nel mestiere, ma anche nella vita: muove i primi passi nel movimento sindacale, incontra Ersilia, si innamora, conosce il carcere e la lotta politica, sperimenta la tentazione e il tradimento. Dall’infanzia alla maturità, l’esistenza di Metello – tra i più carismatici e poetici personaggi di Pratolini – si snoda attraverso le tappe principali della storia di un’Italia agli albori: una nazione ritratta all’indomani dell’Unità, travagliata da duri conflitti di classe, ancora – e sempre – in cerca di se stessa.
Opinioni:
Dall’infanzia alla maturità, l’esistenza di Metello si snoda attraverso le tappe principali della storia di un’Italia agli albori: una nazione ritratta all’indomani dell’Unità, travagliata da duri conflitti di classe, ancora – e sempre – in cerca di se stessa. – LaFeltrinelli
Quelle lotte, quei leader e quegli eroi raccontati da Pratolini sono cominciati con Spartaco, continuano oggi in Fiat e proseguiranno un giorno sulle stelle. Come può non parlare, il muratore Metello del 1894, al precario di oggi? – dalla prefazione di Antonio Pennacchi
Le ragazze di Sanfrediano
Il mondo del quartiere, la rappresentazione corale della vita di un rione popolare di Firenze: il libro di Pratolini è una favola moderna ma dall’ossatura antica, che si richiama alla novella boccaccesca, dove il vero protagonista è proprio lui, il quartiere di Sanfrediano. Qui le ragazze spasimano e si dannano tutte per lo stesso dongiovanni, “Bob” (dalla sua somiglianza con Robert Taylor), ma quando una delle innamorate gabbate, la Tosca, scopre il doppio gioco del ragazzo, decide di organizzare una beffa destinata a dargli una lezione una volta per tutte. Con un ritmo narrativo agile e brioso e un lessico ispirato al vernacolo fiorentino, Vasco Pratolini accompagna il lettore in una vicenda ricca di ironia, dove il contrappasso e la farsa scandiscono le storie dei protagonisti.
Cronaca familiare
«Questo libro non è un’opera di fantasia. È un colloquio dell’autore con suo fratello morto. L’autore, scrivendo, cercava consolazione.» Inizia così l’opera più intima di Pratolini, dedicata al difficile rapporto con il fratello perduto. Orfani di madre, i due bambini vengono presto separati: Vasco resta nell’umile casa paterna, Dante cresce nella dimora del Barone dove, ribattezzato Ferruccio, vive come «in un acquario – senza sbucciature ai ginocchi, senza segreti né scoperte» Ancorati a mondi troppo distanti, divisi da rancori sempre più indicibili, i fratelli restano due estranei. Finché, alla morte del Barone, Ferruccio deve lasciare il mondo dorato che lo aveva risucchiato per capriccio, e l’argine che ha tenuto separati lui e Vasco crolla. Con esiti imprevedibili e drammatici. Piccolo classico che tratteggia con sofferta onestà la complessità degli affetti familiari, il romanzo è al tempo stesso un canto all’innocenza spezzata e la straordinaria prova d’autore di un maestro del Novecento.
Opinioni:
Piccolo classico che tratteggia con sofferta onestà la complessità degli affetti familiari, questo romanzo è al tempo stesso un canto all’innocenza spezzata e la straordinaria prova d’autore di un maestro del Novecento. – LaFeltrinelli
Qui tutto è ridotto all’osso, ai sentimenti, alle emozioni. Alle contraddizioni che agitano ogni famiglia – Clara Sereni
Il quartiere
C’è Valerio che nel 1932, quando inizia a raccontare, ha quindici anni e porta i calzoni corti. Il cuore gli batte per Luciana, ma è difficile dirlo a lei. Poi ci sono Giorgio, buono e coraggioso, Maria, che per leggerezza rischierà di perderlo, Marisa e Carlo, che molto avrà da farsi perdonare, Olga, bella e docile, Arrigo e infine Gino, con il suo grumo nero nel cuore. Sono giovani e poveri, ma uniti: nati e cresciuti a Santa Croce, Firenze. «Nulla sapevamo – non volevamo sapere forse. Ci promettevamo oneste gioie. La nostra vita erano le strade e piazze del quartiere.» Ma la realtà, quella città aliena con i bei caffè e le orchestrine, non si accontenterà a lungo di restare fuori a guardare. Farà irruzione nelle loro vite con la prepotenza del regime, delle guerre, della miseria. Distruggerà le loro case, li sparpaglierà nel mondo, li chiamerà chi alle armi, chi in carcere, chi nella lotta politica. Ma non potrà mai derubarli dell’eredità più preziosa del Quartiere, quell’incrillabile fede nell’uomo e nel valore della solidarietà.
Opinioni:
«Nulla sapevamo. Non volevamo sapere forse. Ci promettevamo oneste gioie. La nostra vita erano le strade e piazze del quartiere.» – LaFeltrinelli
“Il Quartiere” racconta un popolo che non c’è più, ma non è un libro datato. Il suo valore è cresciuto nel tempo, perché i “racconti crudeli della gioventù” non hanno fine – Goffredo Fofi
Cronache di poveri amanti
Via del Corno è troppe cose per essere solo una strada: in quei cinquanta metri privi di marciapiedi e di interesse, esclusi dal traffico e dalla curiosità, ci si può imbattere nel meglio e nel peggio del mondo, in cuori e cervelli malati di ossessioni e desideri, ma soprattutto nell’autenticità di un gruppo di persone che usa dire “noi”. Via del Corno “è tutta udito”, e anche quando le finestre sono chiuse, le vicende, le rivalità, gli amori di uomini e donne si intersecano, si mischiano, trapassano da muro a muro. Finché, inevitabilmente, si confondono con il secolo e i suoi eventi: il Duce, il regime, la violenza politica, la repressione. Pratolini diceva che via del Corno – e lui la conosceva bene, per averci abitato da ragazzo – era la sua Aci Trezza, la sua epica popolare. Il romanzo che le dedicò nacque mentre l’autore lavorava con Rossellini alla sceneggiatura di Paisà: aveva il cinema neorealista “addosso” e lo trasferì su pagina, facendo della Firenze degli anni Venti l’icona indimenticabile di un mondo dolente ma vivo, dove la speranza era ancora accesa. Prefazione di Walter Siti.
Opinioni:
Pratolini diceva che via del Corno era la sua Aci Trezza, la sua epica popolare. Il romanzo che le dedicò nacque mentre l’autore lavorava con Rossellini: aveva il cinema neorealista “addosso” e lo trasferì su pagina, facendo della Firenze degli anni Venti l’icona indimenticabile di un mondo dolente ma vivo, dove la speranza era ancora accesa. – LaFeltrinelli
Pratolini trasforma via del Corno nell’archetipo della viuzza povera, dove si invecchia in fretta perché si brucia la vita – dalla prefazione di Walter Siti
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