Questa è la pagina dedicata a Virginia Gattegno.
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Per chi splende questo lume. La mia vita oltre Auschwitz
Virginia e Fatima si incontrano in una stanza d’ospedale. Virginia ha avuto un malore, Fatima aspetta che un medico le tolga la sardina che si è infilata nel naso. Fatima è una bambina curiosa e vuole conoscere la lunga vita di Virginia. «Cosa hai fatto prima?» le chiede, e Virginia non si tira indietro. In un viaggio a ritroso nel tempo, Virginia ripercorre la sua vita straordinaria: la nascita a Roma e l’infanzia in Italia. Il trasferimento a Rodi, a 13 anni, quando il padre viene nominato direttore della scuola ebraica dell’isola. Il mare, gli anni felici, l’incontro con il futuro marito. Ma Virginia ricorda anche le leggi razziali, l’arresto da parte dei nazisti e la deportazione. Racconta, con delicatezza e onestà, quello che è stato l’orrore più grande della sua vita: l’internamento ad Auschwitz. Eppure la luce di Virginia continua a splendere anche dopo il campo, anche dopo l’atrocità della Shoah. Ed è così che racconta a Fatima come ha ricostruito la propria vita. Una vita che la porterà in Congo e infine a Venezia come maestra, dove, finalmente, a un passo dalla pensione, troverà il coraggio di raccontare la sua esperienza nel lager, taciuta fino ad allora. «Entrai. Avevo davanti agli occhi la mia ultima quinta elementare: ero stata per loro la maestra Virginia per cinque anni. Non mi sono seduta alla cattedra ma sono rimasta in piedi, a metà strada tra la lavagna e i primi banchi, come chi ha qualcosa da dire ma non sa da dove cominciare.» Da quel giorno Virginia non ha smesso di raccontare la sua storia di sopravvissuta ad Auschwitz. A Fatima e a tutti i ragazzi che vogliono sapere. Età di lettura: da 10 anni.
Pensieri nella vecchiaia
“I versi, dedicati alla giovane madre trucidata dai nazisti, dimostrano una sorprendente capacità di comunicare al mondo, con l’aiuto della poesia e l’immaginazione creativa, una delicata e intensa fantasia. Come sarebbe stata la giovane madre trucidata ad Auschwitz da vecchia? Come identificarsi con lei nel difficile periodo della quarta età?” Alessandra Ruth Chinaglia. Virginia Gattegno nasce a Roma nel 1923. La famiglia si trasferisce a Rodi dove viene arrestata dai nazifascisti nel 1944. Dopo un lungo viaggio durato 15 giorni viene internata ad Auschwitz dove rimane fino alla liberazione da parte dell’esercito russo. Tutta la famiglia viene sterminata, con lei sopravvive solo la sorella maggiore Lea, oggi a Bruxelles. Virginia si sposa con un italiano e ha due figlie, Raffaella e Donatella. Si trasferisce in Congo e ritorna in Italia dove rimane vedova giovanissima. Recupera quindi il diploma di maestra che aveva conseguito a Rodi prima della deportazione e insegna alle scuole elementari del Lido di Venezia fino alla pensione. Oggi vive a Venezia, da alcuni anni ospite della Casa di Riposo Israelitica.
La signora Dalloway
Un mercoledì di metà giugno del 1923 Clarissa Dalloway, moglie di un deputato conservatore alla Camera dei Lords, esce per comprare dei fiori per la festa che la sera riunirà nella sua casa una variopinta galleria di personaggi. Tra gli altri: Peter Walsh, l’amante respinto, appena tornato dall’India, e l’amica tanto amata, più di ogni uomo, Sally Seton. Per le strade di Londra passeggia anche Septimus Warren Smith, il deuteragonista del romanzo. Nulla sembra legare i due, se non la città di Londra. Clarissa ha cinquant’anni, è ricca. Septimus ne ha appena trenta, è povero e traumatizzato dall’esperienza feroce e violenta della guerra, in cui ha perduto non solo l’amico Evans, ma ogni pace. Eppure i due, senza mai incontrarsi, semplicemente sfiorando gli stessi luoghi, comunicano. Con sapienza straordinaria Virginia Woolf, giunta con questo al suo quarto romanzo, tesse il filo sottile di corrispondenze, echi, emozioni che creano un’opera di grande intensità. Dove un uomo e una donna sconosciuti l’uno all’altra sono accomunati dallo stesso amore e terrore della vita, che li porterà, nell’accettazione (femminile) o nel rifiuto (maschile), ad affermarne comunque l’inestimabile valore.
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