Questa è la pagina dedicata a riciclaggio.
In questa pagina troverai 5 prodotti, tra cui “Il rischio di riciclaggio e autoriciclaggio nei reati tributari e frodi fiscali”.
Riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego
Il delitto di riciclaggio, introdotto nel nostro ordinamento nel 1978, sconta il limite genetico della carenza di identità per la sua struttura iniziale ibrida tra ricettazione e favoreggiamento. Solo con la riforma degli anni novanta, il reato di riciclaggio si affranca dalle fattispecie di ricettazione e favoreggiamento e, nello stesso tempo, viene ampliato il novero dei reati presupposto. Una normativa sviluppatasi per stratificazioni successive, talvolta senza una continuità logica tra i molteplici interventi, spesso privi dello sguardo d’insieme, che ha generato profili di incertezza sul fronte interpretativo e significative criticità applicative. Il quadro si è reso ancora più complesso con l’introduzione del reato di autoriciclaggio, quale fattispecie autonoma e diversa dal riciclaggio. Il testo esamina la normativa evidenziandone le aporie e le criticità con la finalità di indurre ad una riflessione serena e approfondita che vada oltre la contingenza.
Il rischio di riciclaggio e autoriciclaggio nei reati tributari e frodi fiscali
Riciclaggio di proventi illeciti e sistema penale
Bitcoin e riciclaggio
Il bitcoin rappresenta uno dei fenomeni più discussi degli ultimi anni. Si tratta di una moneta virtuale dalle potenzialità enormi, utilizzabile in maniera quasi istantanea, senza l’ausilio di alcun istituto finanziario. Negli ultimi anni il bitcoin si è diffuso a macchia d’olio e tutte le istituzioni finanziarie e governative del pianeta hanno lanciato l’allarme sul rischio di un suo utilizzo a fini di riciclaggio. Il lavoro affronta in particolare questo aspetto, soprattutto al fine di comprendere se eventuali acquisti di bitcoin, con denaro di provenienza illecita, possano essere sanzionati dalla disciplina penalistica antiriciclaggio.
Architettura parassita. Strategie di riciclaggio per la città
L’emanazione in diversi paesi europei di norme che limitano nuove edificazioni e incentivano la trasformazione dell’esistente ha innescato nel dibattito architettonico del XXI secolo la ricerca di strategie di riciclaggio degli spazi dati. Si assiste alla riproposizione di una pratica “progettuale”, in realtà antica, definita parassitaria, che vede l’immissione di corpi architettonici nuovi in edifici e strutture urbane preesistenti. L’organismo parassita risulta distinto dall’ospite sia formalmente sia spazialmente, ma legato a questo da uno stato di necessità (di suolo, di impianti, di significato, etc.). Le sperimentazioni e le realizzazioni che adottano la relazione parassitaria si immettono nel disegno urbano come commento al disegno trovato, come critica alla mancanza di aree e servizi pubblici nel susseguirsi di confini che sanciscono la privatizzazione dei suoli, nelle aree di più recente espansione, e rappresentano un invito a ripensare alle “capacità” del progetto e ai rapporti che questo intrattiene con le arti e le scienze.
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