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Il libro tibetano dei morti
Il libro tibetano dei morti è una delle più imponenti opere della cultura di tutti i tempi, uno dei testi della spiritualità orientale che ha avuto maggiore influenza anche sul pensiero occidentale. Risale all’VIII secolo d.C. e raccoglie l’insegnamento sulla vita e la morte predicato dalla semi-leggendaria figura del grande maestro Padmasambhava, sulle esperienze dell’anima cosciente nell’intervallo di tempo che, secondo la cultura buddhista, sta fra la morte e la rinascita. Un testo fondamentale per chi voglia andare al cuore della tradizione spirituale orientale, qui riproposto nella sua prima traduzione italiana direttamente dal tibetano a opera di uno dei più grandi orientalisti del nostro Paese.
A due passi dal Tibet: 30 giorni con i monaci tibetani
Ritorno in Tibet. Un pellegrinaggio al Monte Kailash
Il Kailash! «Prezioso gioiello delle nevi», centro del mondo da cui si dipartono i quattro maggiori fiumi dell’Asia, dimora di Shiva e scala di Milarepa, montagna sacra per eccellenza… Lo sognava da decenni. Nell’autunno 2016 Olivier Föllmi, appassionato lettore, da ragazzo, di tutti i racconti che parlano della «via delle nuvole bianche» è andato in pellegrinaggio intorno alla più prestigiosa vetta himalayana, che raggiunge i 6638 metri. Come milioni di pellegrini indù, buddhisti o giainisti prima di loro, ha seguito le «pietre che pregano», ha bivaccato presso il lago Manasarovar dove si nasconde Parvati, la paredra di Shiva, e ha compiuto il kora, la circumambulazione che purifica l’anima di chiunque lo faccia almeno una volta nella vita, a piedi, a cavallo o continuando a prosternarsi… Il grande ritorno alla fotografia di Olivier Föllmi nel suo amato Tibet, dieci anni dopo il ciclo delle «Saggezze dell’Umanità», tradotti in tutto il mondo con il patrocinio dell’Unesco.
Il libro tibetano del vivere e del morire
Al suo primo incontro con la cultura occidentale, Sogyal Rinpoche rimase costernato nello scoprire che, a dispetto di tutti i suoi successi nel campo tecnologico, la società moderna occidentale non comprende minimamente quel che accade al momento della morte: “Quasi tutti muoiono impreparati a morire, così come hanno vissuto impreparati a vivere”. In Tibet, al contrario, nel corso dei secoli si è sviluppata una vera e propria ‘tecnologia sacra’ della morte, un’ars moriendi che raccoglie il corpo di conoscenze più accurato, complesso e completo sulla morte e lo stato successivo, o bardo. Il termine ‘bardo’, letteralmente ‘sospeso tra’, e quindi ‘intervallo, transizione’, è un concetto chiave per comprendere la concezione tibetana della vita e della morte. Nel buddhismo tibetano, la vita e la morte appaiono come un tutto costituito da una serie di realtà in mutamento costante, che presentano dei bardo, ovvero giunture di transizione in cui si manifesta la dharmata, la vera natura della mente, illimitata ed eterna. I quattro bardo (della vita, della morte, del dopo morte e della rinascita) offrono quindi una grandissima possibilità di liberazione, ma solo il bardo di questa vita consente di prendere familiarità, tramite la meditazione, con la natura essenziale della mente, così da poter riconoscere la sua potente e terrificante manifestazione spontanea al momento della morte. Chi si è preparato per tempo attraverso la pratica e la contemplazione dell’impermanenza non vedrà la morte come una disfatta, ma come una vittoria, il momento più fulgido a coronamento dell’esistenza. Edizione del XXX anniversario.
Il pensiero tibetano: Comprendere la via buddhista alla pace della mente
Dopo innumerevoli pellegrinaggi, anni di studio, di ricerca, di pratica, sto ancora rincorrendo l’elefante. Ma certi giorni riesco a raggiungere un diffuso senso di pace e la mente mi appare come un limpido cielo: allora mi sembra di non aver bisogno di altro.
In Tibet shiné è la pratica del Calmo dimorare, nonché il nome di un famoso dipinto che raffigura un monaco nell’atto di inseguire un elefante nero, ovvero la sua mente. L’inseguimento consiste in nove stadi, che lo condurranno infine alla meditazione lhakthong, la pratica della visione profonda o analitica, che ha inizio con il decimo e undicesimo stadio e che gli consentirà di raggiungere l’illuminazione. Ci muoviamo nel testo seguendo tale sentiero. A piccoli passi sul tetto del mondo. Che cosa ci rimane del Tibet dopo il cammino? Di cosa possiamo fare tesoro? Oggi la meditazione sta entrando sempre di più nella vita di noi stressati occidentali. Ricordiamo però di portare sempre il dovuto rispetto: cerchiamo d’informarci e di non praticare solo per raggiungere obiettivi egoistici. Integrando la meditazione nella nostra quotidianità possiamo infatti ottenere benefici non solo per noi stessi, ma anche per gli altri e per il mondo.Se volessi saperne di più, dai un’occhiata al nostro canale Youtube!
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