Qui sotto una serie di libri e romanzi che in un modo o nell’altro coinvolgono il fattore “solitudine”.
Se ne hai altri in mente non esitare a lasciare un commento o a inviare un messaggio nel gruppo telegram con il tuo libro sulla solitudine consigliato.
Buona lettura!
Migliori Libri sulla Solitudine
Un uomo solo
Già negli anni Trenta, quando scrisse “Addio a Berlino”, Christopher Isherwood sosteneva di voler trasformare il suo occhio di romanziere nell’obiettivo di una macchina fotografica. Ma per lungo tempo – attraverso libri molto diversi fra loro, e spesso segnati dai personaggi fittizi o reali che raccontavano l’intenzione rimase una di quelle fantasticherie stilistiche che spesso gli scrittori inseguono per tutta la vita senza realizzarle mai. E invece nel suo ultimo romanzo – questo – Isherwood trasforma una giornata nella vita di George, un professore inglese non più giovane che vive in California, in un’asciutta, e proprio per questo struggente, sequenza di scatti. Non è una giornata particolare per George: solo altre ventiquattr’ore senza Jim, il suo compagno morto in un incidente. Ventiquattr’ore fra il sospetto dei vicini, la consolante vicinanza di Charlotte, la rabbia contro i libri letti per una vita ma ormai inutili, e il desiderio di un corpo giovane appena intravisto ma che forse è già troppo tardi per toccare. Quanto basta per comporre un ritratto che non si può dimenticare, e che alla sua uscita sorprese tutti, suonando troppo vero per non essere scandaloso.
Silenzio. Il linguaggio dell’esistenza
Mai come in questo momento si avverte la necessità di un’intima chiarezza che aiuti ad affrontare, ma soprattutto a cogliere nella giusta prospettiva, le interminabili emergenze con cui ci si trova a confronto. In questo senso, l’invito di Osho può e deve essere letto con una pragmaticità che non lascia spazio a interpretazioni a manipolazioni: “Se sei diventato consapevole che il mondo ha bisogno di una grande trasformazione, allora sei proprio tu il mondo più vicino a te stesso: comincia da lì”. In questo senso, è fondamentale mettere a fuoco, al di là della crisi in senso lato, dei luoghi comuni, delle identificazioni, un principio di realtà basato su reali valori “universali”. Un intimo processo di comprensione e conoscenza di sé, un punto di svolta interiore che chiarisca e aiuti a essere realistici. In breve, occorre pensare al presente e a quell’essenza che davvero permette di essere all’altezza della sfida cui siamo chiamati. Solo alimentando consapevolmente la scintilla di umanità che è il vero senso della nostra vita, sarà possibile contribuire a questa crisi sistemica con soluzioni reali.
Solo
Scritto nel 1903, dopo i difficili anni parigini, Solo è tra i migliori racconti brevi del drammaturgo svedese August Strindberg (1849-1912). La narrazione è imperniata sull’esistenza, apparentemente monotona e banale, in realtà ricca di vita interiore, del protagonista, un anonimo scrittore il cui nome non viene mai esplicitato, ma dietro il quale è facile scorgere lo stesso Strindberg. Sullo sfondo di una Stoccolma vivace e suggestiva, il nostro personaggio matura, dopo aver visto fallire il matrimonio e svuotarsi di senso le antiche amicizie, una scelta difficile e impegnativa: ritirarsi nella propria solitudine, per tentare finalmente di recuperare un rapporto più immediato e diretto con se stesso, al di là delle distorsioni e dei compromessi imposti dalle convenzioni sociali. Questa decisione tuttavia, lungi dall’implicare un’egoistica chiusura all’esterno, affina sempre più la particolare sensibilità dello scrittore nei confronti del mondo. In questo modo, ricordi, sensazioni, incontri e situazioni di tutti i giorni forniscono l’occasione per una riflessione più matura sul senso della vita in genere e della propria in particolare. Fino alla sofferta conclusione: all’accettazione finale dell’esistenza così com’è, degna comunque di essere vissuta e “lottata”, in quanto unico mezzo per riaffermare la propria dignità. Caratterizzato da uno stile narrativo particolarmente efficace, Solo ha il pregio di concentrare in poche pagine l’intera concezione etica ed esistenziale di Strindberg, quale torna nei suoi molti capolavori teatrali, e come tale può quindi ritenersi ad essi propedeutico.
L’enigma del solitario
Un eremo non è un guscio di lumaca
«Qualcuno dice che mi sono “ritirata” in un eremo; e io puntualmente reagisco. Un eremo non è un guscio di lumaca, e io non mi ci sono rinchiusa; ho solo scelto di vivere la fraternità in solitudine. E lo preciso puntigliosamente per rispondere all’obiezione che concepisce questa solitudine come un tagliarsi fuori dal contesto comunitario. E invece no. L’isolamento è un tagliarsi fuori ma la solitudine è un vivere dentro» Adriana Zarri decise nel 1975 di imprimere una svolta “radicale” alla sua vita monastica e di abbracciare l’eremitaggio. Intraprendendo una scelta di vita che privilegia la solitudine e il silenzio. Quello che con questo racconto di esperienze, ricordi e riflessioni di vita contemplativa, vuole offrirci è una particolare, concreta e umana idea di monachesimo. Una scelta di solitudine può essere infatti un luogo fecondo di incontro, il silenzio contemplativo può essere un modo di parlare più forte e meglio a tutti ed essere un luogo dove racconto e realtà convivono e si contaminano, dove “lo studio e la riflessione sono impastati di vita”. Nel libro, Adriana Zarri illustra via via diversi aspetti della sua vita: dalle circostanze che l’hanno spinta verso questa decisione, all’organizzazione pratica della casa e delle sue giornate, al rapporto con la natura e il ritmo delle stagioni, alla relazione con il mondo secolare e i mezzi di comunicazione, alle paure e pericoli che nascono da una vita simile, agli animali che le fanno compagnia. Agli incontri con amici, scrittori e intellettuali, che vengono a trovarla e a discutere con lei. Ma ogni argomento, anche il più umile e quotidiano, è trattato con bonaria e umanissima ironia (e autoironia). E soprattutto diventa lo spunto per una riflessione sulla meditazione e sul silenzio necessario affinché ognuno possa trovare la sua voce: perché “occorre avere del silenzio un concetto vitale e non formale”.
Opinioni:
Con uno scritto di Rossana Rossanda. – LaFeltrinelli
Beata solitudine. Il potere del silenzio
“Osservando il mondo, così rumoroso, inquieto, e così folle, mi viene voglia di silenzio, e di guardare ai monaci, che sono scappati dal mondo per capire il mondo.” Vittorino Andreoli L’uomo è l’unico tra i viventi ad avere la peculiarità di “guardarsi dentro”. E in questa sua capacità di “introspezione” giunge alla consapevolezza di essere lo straordinario frammento di una gigantesca realtà che sconfina nell’infinito. Si rende conto non solo di essere fragile, ma di essere «un frammento di polvere fragile» In tempi di ipertrofia dell’informazione e di spreco delle parole, «il silenzio parla, proprio perché non dice, e se in esso non si conosce tutta la verità, tuttavia si giunge alla certezza che la verità esiste» Solitudine e silenzio sono dunque necessari per un’igiene della psiche, per un’ecologia dello spirito, per nutrire una relazione feconda con se stessi, ritrovando così, nei rapporti con gli altri, quell’armonia spesso compromessa da aggressività e violenza, abusi e nevrosi. Andreoli denuncia il delirio delle metropoli contemporanee, mettendo in guardia dai danni dell’eccessiva mondanità, dell’ipocrisia delle relazioni, dell’iper-connessione virtuale. Ecco allora l’assoluta necessità di ritrovare una dimensione contemplativa della vita per riacciuffare il senso delle nostre esistenze e per dare spazio «a quel monaco che si nasconde nel profondo di ciascuno di noi, al suo bisogno di solitudine e di mistero, perché una vita pienamente umana non può fare a meno dell’invisibile»
Opinioni:
Una riflessione affascinante – che non disdegna di soffermarsi anche sulle scelte radicali del monachesimo in tutte le religioni – in cui lo psichiatra Vittorino Andreoli ci avverte che il silenzio è l’unica azione rivoluzionaria che può riportare equilibrio al nostro vivere. – LaFeltrinelli
Il potere della solitudine
La solitudine è molto spesso vista come un nemico da combattere perché ci porta disperazione e tristezza. Siamo noi in realtà che non sappiamo come relazionarci con questa risorsa così preziosa. La solitudine è uno straordinario alleato per imparare, veramente, ad amare se stessi, gli altri e tutto ciò che ci circonda. La solitudine è la porta privilegiata di accesso al vero amore. Amore senza aspettative, senza giudizio, senza condizioni, senza compromessi. Non fuggire. Apri la porta ed entra. Lì conoscerai non solo il vero amore ma anche la vera libertà. E puoi farne esperienza varcando con fiducia e curiosità la porta della solitudine. Questo libro ti accompagnerà nella scoperta di questi doni preziosi, e imparerai a: • Godere delle relazioni in modo sano eliminando rimpianti del passato e aspettative del futuro. • Smettere di sentirti solo anche quando sei in mezzo agli altri. • Superare le difficoltà, anche pratiche, della solitudine. • Riconoscere i frutti delle perdite. • Passare dalla dipendenza, all’indipendenza all’inter-indipendenza. • Utilizzare la solitudine come potente strumento di guarigione ed evoluzione.
Opinioni:
La solitudine è la porta privilegiata di accesso al vero amore. Amore senza aspettative, senza giudizio, senza condizioni, senza compromessi. – LaFeltrinelli
L’isola di Arturo
Arturo, il guerresco ragazzo dal nome di una stella, vive in un’isola tra spiagge e scogliere, pago di sogni fantastici. Non si cura di vestiti né di cibi. È stato allevato con latte di capra. La vita per lui è promessa solo di imprese e di libertà assoluta. E ora ricorda. Queste sono le sue memorie, dall’idillio solitario alla scoperta della vita: l’amore, l’amicizia, il dolore, la disperazione. Secondo romanzo della Morante dopo Menzogna e sortilegio (1948), L’isola di Arturo confermò tutte le qualità della scrittrice romana: l’impasto di elementi realistici e fiabeschi, la forte suggestione del linguaggio. Arturo, come Elisa in Menzogna e sortilegio, «si porta addosso la croce di far parte non di un oggi ma di un sempre»
Opinioni:
Vincitore Premio Strega 1957 – LaFeltrinelli
Una piccola, criptica Achilleide resuscitata – Cesare Garboli
Eleanor Oliphant sta benissimo
Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: benissimo. Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido, perché sto bene così. Ho quasi trent’anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate, la mia passione. Poi torno alla mia scrivania e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient’altro. Perché da sola sto bene. Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata dalla prigione. Da mia madre. Dopo, quando chiudo la chiamata, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto. E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo. O così credevo, fino a oggi. Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E questo ha cambiato ogni cosa. D’improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie stesse paure, e non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene. Anzi: benissimo. Gail Honeyman ha scritto un capolavoro. Un libro che a detta di tutta la stampa internazionale più autorevole rimarrà negli annali della letteratura. Un romanzo che per i librai è unico e raro come solo le grandi opere possono essere. I numeri parlano da soli: venduto in 35 paesi, per mesi in vetta alle classifiche, adorato sui social dalle star del cinema più impegnate, vincitore del Costa First Novel award, presto diventerà un film. Una protagonista in cui tutti possono riconoscersi. Perché spesso ci si rifugia nella propria realtà per non vivere quello che c’è veramente fuori. In quel riparo si crede di stare benissimo, ma basta una folata di aria fresca per capire che troppo è quello che si sta perdendo.
Opinioni:
Vincitore del National Book Award sezione Specsavers Popular Fiction Book of the Year. Un libro che a detta di tutta la stampa internazionale più autorevole rimarrà negli annali della letteratura. – LaFeltrinelli
Un fenomeno che ha dato vita a un nuovo genere letterario. – The Guardian
Imperdibile. Uno degli esordi più riusciti dell’anno. – New York Times
Commovente e saggio. Leggetelo. – People
Indimenticabile e vero. – Daily Mail
Una solitudine troppo rumorosa
A Praga, nelle viscere di un vecchio palazzo, un uomo, Hanta, lavora da anni a una pressa meccanica trasformando libri destinati al macero in parallelepipedi sigillati e armoniosi, morti e vivi a un tempo, perché in ciascuno di essi pulsa un libro che egli vi ha imprigionato, aperto su una frase, un pensiero: sono frammenti di Erasmo e Laozi, di Hölderlin e Kant, del Talmud, di Nietzsche, di Goethe. Professionista per necessità della distruzione dei libri, Hanta li ricrea incessantemente sotto forma di messaggi simbolici, rinnovando a ogni istante il prodigio del pensiero creativo che sgorga spontaneo al di là e nonostante i modelli canonici della società e della cultura.
Opinioni:
«La mia Solitudine rumorosa è la logica deduzione di tutto ciò che dentro di me era cresciuto, non ho tentato di scrivere null’altro se non che da noi un’epoca finiva e un’altra cominciava… Si era spezzata un’asse di un’epoca che era durata secoli, e il mio eroe si è trovato nel luogo della rottura ed è stato investito dalle schegge.» – LaFeltrinelli
La solitudine dei numeri primi
Alice è una bambina obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci. È una mattina di nebbia fitta, lei non ha voglia, il latte della colazione le pesa sullo stomaco. Persa nella nebbia, staccata dai compagni, se la fa addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista spezzandosi una gamba. Resta sola, incapace di muoversi, al fondo di un canale innevato, a domandarsi se i lupi ci sono anche in inverno. Mattia è un bambino molto intelligente, ma ha una gemella, Michela, ritardata. La presenza di Michela umilia Mattia di fronte ai suoi coetanei e per questo, la prima volta che un compagno di classe li invita entrambi alla sua festa, Mattia abbandona Michela nel parco, con la promessa che tornerà presto da lei. Questi due episodi iniziali, con le loro conseguenze irreversibili, saranno il marchio impresso a fuoco nelle vite di Alice e Mattia, adolescenti, giovani e infine adulti. Le loro esistenze si incroceranno, e si scopriranno strettamente uniti, eppure invincibilmente divisi. Come quei numeri speciali, che i matematici chiamano “primi gemelli”: due numeri primi vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero. Un romanzo d’esordio che alterna momenti di durezza e spietata tensione a scene rarefatte e di trattenuta emozione, di sconsolata tenerezza e di tenace speranza.
Opinioni:
Vincitore premio Strega 2008 – LaFeltrinelli
Le notti bianche: La cronaca di Pietroburgo
Un giovane sognatore, nella magia vagamente inquieta delle nordiche notti bianche, incontra una misteriosa fanciulla e vive la sua “educazione sentimentale”, segnata da un brusco risveglio con conseguente ritorno alla realtà. Un Dostoevskij lirico, ispirato, comincia a riflettere sulle disillusioni dell’esistenza e dell’amore nell’ultima opera pubblicata prima dell’arresto e della deportazione, esperienze che modificheranno in maniera radicale e definitiva la sua concezione dell’uomo e dell’arte. In questa edizione, al celebre racconto viene affiancata la visione “diurna” di Pietroburgo contenuta nei feuilletons che compongono la Cronaca di Pietroburgo, vero e proprio laboratorio per la scrittura dostoevskiana. Lo stretto legame tra pubblicistica e letteratura, che accompagnerà Dostoevskij negli anni della maturità, viene così a manifestarsi fin quasi dal suo esordio. Il racconto Le notti bianche ha ispirato il film omonimo di Luchino Visconti (1957), con Marcello Mastroianni e Maria Schell, e il film Quattro notti di un sognatore di Robert Bresson (1971).
Opinioni:
«Era una notte meravigliosa, una di quelle notti che forse possono esistere solo quando si è giovani.» – LaFeltrinelli
L’isola del giorno prima
“Ogni epoca ha i classici che si merita, spero che noi meritiamo L’isola del giorno prima. Questo romanzo appartiene alla grande tradizione dei contes filosofici come I viaggi di Gulliver di Swift, Rasselas di Johnson e Candide di Voltaire.” Robert Kelly, The New York Times Nell’estate del 1643 un giovane piemontese naufraga, nei mari del sud, su di una nave deserta. Di fronte a lui un’Isola che non può raggiungere. Intorno a lui un ambiente apparentemente accogliente. Solo, su un mare sconosciuto, Roberto de la Grive vede per la prima volta in vita sua cieli, acque, uccelli, piante, pesci e coralli che non sa come nominare. Scrive lettere d’amore, attraverso le quali si indovina la sua storia: una lenta e traumatica iniziazione al mondo secentesco della nuova scienza, della ragion di stato, di un cosmo in cui la terra non è più al centro dell’universo. Roberto vive la sua vicenda tutta giocata sulla memoria e sull’attesa di approdare a un’Isola che non è lontana solo nello spazio, ma anche nel tempo.
Cent’anni di solitudine. Nuova ediz.
Camere separate
Il romanzo racconta tre momenti nella vita di uno scrittore poco più che trentenne, Leo, alle prese con l’enorme dolore per la perdita del compagno, Thomas, giovane musicista tedesco. La loro relazione viene raccontata attraverso lunghe riflessioni e continui flashback. Leo è uno scrittore di successo, che vive tra Milano, Parigi, Londra e Firenze; Thomas, invece, a Berlino Ovest. I due amanti si incontrano spesso in giro per l’Europa, trascorrono le vacanze insieme, ma vivono in due camere, separati da duemila chilometri di distanza. Hanno così la possibilità di vedersi quando desiderano, ma anche di ritirarsi nella propria solitudine. Finché Thomas non inizia una relazione con una ragazza. Questo strano rapporto a tre scatena vere e proprie crisi di gelosia in Leo, ma si interrompe presto per via della malattia incurabile di Thomas, che, poco più che venticinquenne, muore in un ospedale di Monaco.
Opinioni:
«Camere separate è forse un adagio condotto sull’interiorità e sul rinvenimento delle motivazioni profonde – per il protagonista – dell’amare e dello scrivere. Il primo romanzo che ho scritto dopo il compimento del trentesimo anno. Come scrive Ingeborg Bachmann: “Quando un uomo si avvicina al suo trentesimo anno di età, nessuno smette di dire che è giovane. Ma lui, per quanto non riesca a scoprire in se stesso nessun cambiamento, diventa insicuro; ha l’impressione che non gli si addica più definirsi giovane. Sprofonda e sprofonda”.» (Pier Vittorio Tondelli) – LaFeltrinelli
“Camere separate” è uno straordinario e felice romanzo d’amore e di morte, di nostalgia e maturità, di impotenza e grandezza, nel quale riconosciamo la crisi del nostro tempo e le sue misteriose ragioni – Cesare De Michelis
Bellissimo libro di passaggio di Pier Vittorio Tondelli, il suo migliore. L’amore come tensione, pericolo, scoperta di sé, meditazione sul mondo, rivelazione del futuro – Oreste del Buono
Il lirismo dell’autore e il suo umorismo in sordina lottano col peso di un’immensa malinconia. E nonostante la sua consistenza casuale, la prosa di Tondelli non devia mai dal punto di contatto con “quell’altra realtà che chiamiamo arte” – The New York Times
Robinson Crusoe
‘I made him know his Name should be Friday, which was the Day I sav’d his Life…I likewise taught him to say Master’ Robinson Crusoe’s seafaring adventures are abruptly ended when he is shipwrecked, the solitary survivor on a deserted island. He gradually creates a life for himself, building a house, cultivating the land, and making a companion from the native whose life he saves. Daniel Defoe’s enthralling story-telling and imaginatively detailed descriptions have ensured that his fiction masquerading as fact remains one of the most famous stories in English literature. On one level a simple adventure story, the novel also raises profound questions about moral and spiritual values, society, and man’s abiding acquisitiveness. This new edition includes a scintillating Introduction and notes that illuminate the historical context. ABOUT THE SERIES: For over 100 years Oxford World’s Classics has made available the widest range of literature from around the globe. Each affordable volume reflects Oxford’s commitment to scholarship, providing the most accurate text plus a wealth of other valuable features, including expert introductions by leading authorities, helpful notes to clarify the text, up-to-date bibliographies for further study, and much more.
L’isola dell’abbandono
«Ho letto il nuovo romanzo di Chiara Gamberale tutto d’un fiato.» Rosella Postorino – tuttoLibri La Stampa Pare che l’espressione “piantare in asso” si debba a Teseo che, una volta uscito dal labirinto grazie all’aiuto di Arianna, anziché riportarla con sé da Creta ad Atene, la lascia sull’isola di Naxos. In Naxos: in asso, appunto. Proprio sull’isola di Naxos, l’inquieta e misteriosa protagonista di questo romanzo sente all’improvviso l’urgenza di tornare. È lì che, dieci anni prima, in quella che doveva essere una vacanza, è stata brutalmente abbandonata da Stefano, il suo primo, disperato amore e sempre lì ha conosciuto Di, un uomo capace di metterla a contatto con parti di sé che non conosceva e con la sfida più estrema per una persona come lei, quella di rinunciare alla fuga. E restare. Ma come fa una straordinaria possibilità a rivelarsi un pericolo? E come fa un trauma a trasformarsi in un alibi? Che cosa è davvero finito, che cosa è cominciato su quell’isola? Solo adesso lei riesce a chiederselo, perché è appena diventata madre, tutto dentro di sé si è allo stesso tempo saldato e infragilito, e deve fare i conti con il padre di suo figlio e con la loro difficoltà a considerarsi una famiglia. Anche se non lo vorrebbe, così, è finalmente pronta per incontrare di nuovo tutto quello che si era abituata a dimenticare, a cominciare dal suo nome, dalla sua identità più profonda… Dialogando in modo esplicito e implicito con il mito sull’abbandono più famoso della storia dell’umanità e con i fumetti per bambini con cui la protagonista interpreta la realtà, Chiara Gamberale ci mette a tu per tu con il miracolo e con la violenza della vita, quando ci strappa dalle mani l’illusione di poterla controllare, perché qualcosa finisce, qualcuno muore o perché qualcosa comincia, qualcuno nasce. E ci consegna così un romanzo appassionato sulla responsabilità delle nostre scelte e sull’inesorabilità del destino, sui figli che avremmo potuto avere, su quelli che abbiamo avuto, che non avremo mai. Sulle occasioni perse e quelle che, magari senza accorgercene, abbiamo colto.
Opinioni:
Un romanzo profondo e coraggioso sull’abbandono: che è il dolore più profondo con cui tutti, prima o poi, dobbiamo fare i conti. Ma che può rivelarsi una grande occasione per ritrovarci e capire finalmente chi siamo. – LaFeltrinelli
Chiara Gamberale racconta un avvenimento avvolgente, doloroso, intrecciandosi a tutte le sue storie precendemente narrate eppure discostandosene di colpo – Nadia Terranova, Robinson
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