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«La tigre e la neve» di Roberto Benigni. Parole poetiche e immagini d’autore
Può un film essere anche una fittissima antologia di testi poetici e letterari? È il caso del film “La tigre e la neve” di Roberto Benigni, incentrato sulla Seconda Guerra del Golfo, qui rivisitato alla luce della grande quantità di citazioni letterarie che sottostanno alla sceneggiatura (da Dante ad Auden, da Shakespeare a D’Annunzio, da Le mille e una notte a Caproni) e degli intrecci simbolici, dietro cui si cela il significato più profondo della pellicola. L’impiego stesso delle citazioni ha una precisa funzione simbolica, nel tentativo di dimostrare che la letteratura è in grado di riscattare anche le situazioni più tragiche della vita. Proprio alla luce di questo intento, si giustificano e si caricano di nuovo significato elementi del film che a prima vista appaiono inefficaci, inutili o addirittura controproducenti dal punto di vista registico. Un lavoro innovativo, finalizzato a rivalutare un’opera considerata da parte della critica poco riuscita nella sua struttura filmica.
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Il mostro
Loris studia cinese perché vuole impiantare una società import-export con l’oriente. Trasporta manichini per l’amico Pascucci e vive in un grande condominio ai margini della metropoli. Ma i rapporti con i suoi coinquilini non sono dei migliori: timido e sgangherato com’è, non è simpatico a nessuno. A tutti sembra un cittadino inquietante e sospetto, fuori dalle più consolidate regole di questo mondo. Sarà lui il maniaco pluriomicida che ha seviziato e ucciso diciotto donne? In una serie di gag, l’ignaro Loris subisce le peggiori angherie. Contro di lui si abbattono pregiudizi e paure. Non sa di portarsi addosso l’infamia di essere nientemeno che il “mostro” da sbattere in prima pagina.
Il mio Dante di Roberto Benigni. Apiro (18 ottobre 2015)
“È stato scritto (e detto) che il successo delle letture dantesche di Benigni è dovuto alle sue qualità di attore e di comico. A mio avviso è un’affermazione ‘riduttiva’, che va corretta. La questione è più complessa e merita studi specifici e non generalizzanti; quanto segue non è che un modesto contributo in tale direzione, verso una prima analisi del comico e l’ironico nelle sue letture dantesche. Premetto che importante in proposito è, a mio avviso, oltre al suo insistere sull’attualità della Commedia e al suo collegarla al presente, anche il suo parlare con chiarezza degli errori più frequenti che si fanno nel leggerla. A tali problematiche farò qualche accenno, limitandomi in questo mio saggio a definire i tratti distintivi e predominanti del comico di Benigni e, ad esso connesso, dell’ironico.” (Franco Musarra)
La vita è bella: Sceneggiatura di Roberto Benigni e Vincenzo Cerami: 19768
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