Questa è la pagina dedicata a filosofia del limite.
In questa pagina troverai 5 prodotti, tra cui “Sul limite del diritto. Studio di filosofia dell’ordinamento giuridico”.
Filosofia del limite
Il limite è connaturato in ogni singolo istante della nostra vita, nella dimensione più profonda della destinazione dell’uomo: l’essere dell’uomo si configura come “essere nel limite”. Il limite indica un’imperfezione, una mancanza, una negazione, un’assenza: essere limitati significa essere imperfetti o essere privi di qualcosa. Ma il limite non annuncia solo la negazione di qualcosa, ma anche un significato autenticamente e profondamente positivo e dinamico. In quanto limitato nel suo essere nel mondo, nella sua razionalità e nella sua conoscenza, l’uomo rivela un’incancellabile impronta di complessità, dovuta al fatto che alla radice stessa della sua natura, il limite vi si insedia come consistenza della sua insufficienza. In qualsiasi forma o grado di realtà, la finalità del limite è di produrre limitazioni: nel riconoscimento soggettivo e nella presa di coscienza immediata di ogni singola e autentica limitazione si radica l’origine, la positività e l’orizzonte di una filosofia del limite che assume un ruolo centrale nel fluire inesorabile del tempo, nell’esperienza, nella conoscenza e nell’esistenza umana.
Limite (Parole controtempo)
L’etica e limiti della filosofia
“L’etica e i limiti della filosofia” è considerato un classico contemporaneo della filosofia morale. Basandosi sulle idee dei filosofi greci, Bernard Williams indirizza l’etica lontano dalle preoccupazioni delle teorie morali universali verso il “vero, la verità e il significato di una vita individuale”. Egli riflette sui problemi più difficili della filosofia contemporanea e identifica nuove idee riguardo ai temi centrali del relativismo, dell’oggettività e della possibilità di una conoscenza etica. Introduzione di Andrea Zhok.
Wittgenstein e i limiti del linguaggio
Un’arte di vivere, un esercizio spirituale: ecco, secondo Pierre Hadot, la finalità pratica del pensiero antico, elemento distintivo di un modo di intendere la filosofia che la distanzia dalla svolta teoretica moderna, sotto il dominio dell’astrazione concettuale. Su questo terreno, negli anni cinquanta del Novecento l’antichista Hadot, immerso nello studio del tardo neoplatonismo, incontra la filosofia del linguaggio di un contemporaneo pressoché sconosciuto in Francia, Ludwig Wittgenstein, scoprendovi una impensata affinità con l’esegesi che va compiendo dei testi mistici. Per entrambi, il linguaggio filosofico è innanzi tutto un’attività o una forma di vita, non una dottrina. Nelle due opere principali di Wittgenstein, il “Tractatus logico-philosophicus” e le “Ricerche filosofiche”, tradizionalmente contrapposte, Hadot vede in atto lo stesso esercizio spirituale attraverso il quale la filosofia procede a un’autoterapia, guarendo da se stessa.
Opinioni:
Il mio lavoro di storico della filosofia si aprì a ogni sorta di nuove prospettive. Tutt’a un tratto scoprii l’idea capitale di Wittgenstein…il linguaggio non ha solo lo scopo di nominare o designare oggetti o di tradurre pensieri, e l’atto di comprendere una frase è molto più simile di quanto non si creda a ciò che di solito chiamiamo: comprendere un tema musicale. – Anonimo
Se volessi saperne di più, dai un’occhiata al nostro canale Youtube!
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.