In questo articolo vediamo insieme una selezione dei migliori libri di Gilles Deleuze.
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Migliori Libri di Gilles Deleuze
Mille piani. Capitalismo e schizofrenia
La pubblicazione di Mille piani, nel 1980, è da considerarsi un evento del linguaggio e del pensiero, scioccante nel colpire e impercettibile nella sua azione trasformatrice, che ancora oggi continua ad agire sui corpi, individuali e collettivi. Come ogni evento, è dovuto scorrere del tempo – e forse altro ne passerà – perché la densità e la centralità dei temi di quest’opera venissero recepiti in tutta la loro importanza. Le scosse telluriche prodotte da questa «geologia della morale» riguardano svariati ambiti della relazione tra sapere, potere e desiderio, tanto nel campo umanistico, quanto in quello scientifico, economico e politico. L’episteme della tradizione – storica, politica, coloniale, patriarcale – viene colpita implacabilmente dal fuoco amico delle macchine da guerra filosofiche. E tra le fiamme delle immagini dogmatiche del pensiero, un rigoglio incantevole di suoni, luci, brezze, piante rizomatiche, vespe e orchidee, sciamani e animali di ogni sorta, esprime la complicità con un «popolo che manca», una comunità in divenire appena tratteggiata, che fa delle differenze e delle minoranze il cemento del domani.
Nietzsche e la filosofia: e altri testi
Il pensiero e la figura di Nietzsche hanno sempre costituito per Deleuze un inesauribile oggetto di studio, di confronto dialettico e di ispirazione intellettuale. In questo libro il filosofo francese analizza il progetto di Nietzsche di introdurre in filosofia i concetti di senso e valore.
Deleuze
“A chi chiede a che cosa serva la filosofia, bisogna rispondere aggressivamente perché la domanda è volutamente ironica e caustica. La filosofia serve a denunciare la bassezza del pensiero in tutte le sue forme, a trasformare il pensiero in qualcosa di aggressivo, attivo e affermativo, a formare uomini liberi, che non confondano cioè i fini della cultura con gli interessi dello stato, della morale o della religione, a combattere il risentimento e la cattiva coscienza che hanno usurpato in noi il pensiero, a sconfiggere infine il negativo e il suo falso prestigio.”
L’immagine-movimento. Cinema (Vol. 1)
A più di trent’anni dalla sua uscita, e insieme al secondo volume “L’immaginetempo”, “L’immagine-movimento” costituisce uno dei libri più importanti in assoluto della saggistica cinematografica. Al tempo stesso saggio di filosofia, estetica e storia del cinema, il libro di Gilles Deleuze, ispirato alle teorie di C. S. Peirce come al pensiero di H. Bergson, si propone di stabilire una tassonomia dell’immenso universo delle immagini in movimento di cui è costituito un secolo di produzione cinematografica. Le immagini vengono dissezionate nelle loro componenti costitutive e classificate secondo alcune tipologie fondamentali, dall’intreccio delle quali derivano età e dominanze estetiche della storia del cinema. Da tale prospettiva, il filosofo francese dissolve le tradizionali classificazioni, proponendo al lettore inedite esplorazioni di una geografia delle immagini al tempo stesso teorica e percettiva, così come illuminanti rivisitazioni critiche di tutte le massime espressioni artistiche del cinema, dall’età del muto a Griffith, dalle comiche ai grandi generi cinematografici americani, da Ejzenstejn a Vertov, da Renoir a Ford e Hawks, dai maestri giapponesi a Hitchcock e Godard, da Scorsese ad Altman. Una cartografia che si ribella dunque a ogni convenzionalità storiografica ed estetica, elevando protagonisti, linguaggio e tecniche dell’arte cinematografica ad altrettante forme di pensiero.
L’anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia
Gilles Deleuze e Félix Guattari partono da una critica della psicoanalisi, soprattutto freudiana, accusata di prevaricazione autoritaria in difesa del capitalismo. Dopo aver descritto il funzionamento del desiderio come produzione e “macchina desiderante”, analogo al lavoro, gli autori attribuiscono la sua rimozione originaria alla repressione sociale, timorosa del carattere rivoluzionario e sovversivo del desiderio. Passano poi ad analizzare il modo di formazione della struttura edipica nella società primitiva, e giungono a definire il processo schizofrenico come limite del capitalismo.
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