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Appunti di ricamo Kogin
Dodici notti Tredici giorni
Personat. Passacaglia e fuga
“Questa personalissima raccolta di versi di Roberto Ranieri, intitolata Personat (Passacaglia e fuga) non è composta da poesie separabili e indipendenti tra loro. Infatti, all’interno delle quattro sezioni (Levare, Passacaglia, Cadenza e Fuga), gli spazi servono a isolare sezioni testuali omogenee, che nella tipica Passacaglia di matrice musicale classica (memorabili, in tal senso, la passacaglia di Bach – in do minore – o quella in re minore di Buxtehude) formano una autentica rapsodia sinfonica. In questo caso la Passacaglia coincide con cinquantaquattro ottave regolari di novenari, mentre nella sezione in Levare le ottave sono due, sempre separate. In Cadenza il testo è invece compatto, mentre in Fuga le sottosezioni sono due: nella prima le spaziature sono tra blocchi semantici coerenti, nella seconda tornano le ottave separate. Un lavoro dunque di precisione stilistica e metrica, dove un certo sperimentalismo s’abbina a una sinfonia meta-classica che prende spunto dal quotidiano e dal popolare per ergersi a composizione quasi canzonatoria, giullaresca. Ed è questa variazione di temi e di registri che più affascina nella poesia dell’autore veneto: quel sottile equilibrio tra mera composizione scrittoria e una forte consapevolezza morale e poetica del “dire in quanto s(u)ono”. (dalla introduzione di Antonio Bux).
Come se. Ernst Fuchs e le ermeneutiche del possibile
Ernst Fuchs è stato un teologo tanto originale quanto dimenticato. O, forse, dimenticato a causa della sua originalità. La trattazione si divide essenzialmente in due parti: la prima presenta l’originale profilo di Ernst Fuchs, un teologo discepolo di Rudolf Bultmann, per lo più sconosciuto al pubblico italiano e qui restituito con un’ampia documentazioni di testi originali tradotti e commentati; la seconda discute la recezione di questo autore negli Stati Uniti. Viene così presentata un’ermeneutica che si sviluppa lungo un arco temporale di cinquant’anni e due continenti, in una sintesi profonda ed intrigante.
Terapie a rischio
Riprendersi cura delle proprie cose, soppesando distanze e circostanze, è spesso un esercizio da funamboli; da una parte l'”ora e qui” sempre controvento del testo, dall’altra l’impasto sottopelle di suggestioni resistenti alla smacchiatura; in mezzo, il fantasma tenace di chi scrive e non molla deroghe, fra manie di persecuzione dell’effimero e il misurino aggiunto di qualche nuova regola. Nei ritocchi di forma ho privilegiato una maggiore fluidità, emendando qua e là aggettivazioni poco utili, pronomi e possessivi impliciti, incidentali superflue; solo in un paio di casi ho optato per una riscrittura più organica, pure limitata, come nell’indovinello de Il sicario troiano, o nel finale de Il pollice verde. La densità ipotattica fornisce ancora, in questo mio primo tentativo in prosa, una collaudata rete di sicurezza, o almeno una camera di decompressione comoda: tic o “terapia a rischio” di prima rianimazione, per un logos qua e là in codice rosso, a sipario almeno socchiuso.
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